Isabella Santacroce non è per tutti. Vorrei dire che è solo per me, ma sarebbe una bugia imputabile alla gelosia letteraria che provo per questa autrice che con i suoi primi libri – Fluo, Destroy e Luminal – ha spalancato davanti a me le porte di una letteratura che mi ha affascinato fin dal primo istante.
Una letteratura tremendamente pura, originale, senza alcun tipo di filtro, sempre imprevedibile, che fa percepire costantemente una sensazione di pericolo proprio perché impossibile da anticipare. Non rassicura con la sua scrittura, Isabella, non è minimamente interessata ad ammiccare a un ipotetico lettore, ma lascia scorrere la penna in una sorta di flusso di coscienza che restituisce un cocktail di parole da bere lentamente, da degustare a piccoli sorsi, se si vuole riconoscere e apprezzare ogni sfumatura di sapore che porta al suo interno.
È Starlet la protagonista di Fluo, una ragazzina a cavallo della maggiore età, che decide di lasciare la propria casa per distanziarsi da una famiglia totalmente in frantumi: è un distacco netto, deciso, che la porterà a esplorare ogni eccesso della vita, soprattutto notturna, di Riccione. Droghe, sesso sgangherato, luci al neon, vestiti fluo o metalizzati, colori acidi: sono una parte degli elementi che compongono la nuova vita estiva di Starlet, lontana dalle strutture di una società troppo pettinata e troppo artificiale. Ed è nell’estrema attuazione di sé che ricerca un nuovo equilibrio che possa restituirle una seppur minima forma di appagamento e soddisfazione.
Leggere Fluo di Isabella Santacroce è un po’ come seguire la vita di Starlet e dei suoi molteplici amici a bordo di una motocicletta, con le immagini che scorrono veloci attraverso le parole, come se le frasi si componessero progressivamente unendo quei frammenti di realtà che l’occhio umano riesce mano a mano a percepire a seconda della prospettiva d’osservazione. In questo caso, è la prospettiva di Starlet, e la straordinaria abilità di Isabella Santacroce risiede proprio qui: nel far immedesimare il lettore in un personaggio estremo, che non mostra spavalderie ma tutte le sue fragilità adolescenziali.
Isabella Santacroce non è per tutti, dicevo, ma in realtà non è così: è per tutti quelli che amano la letteratura sintetica, quella che traduce in testo suoni, immagini, luci, sensazioni, umori, odori come fosse una macchina da presa. Una autenticità che si rispecchia nello stile asciutto e nel linguaggio estremamente chirurgico, mai superfluo, che cattura puntando sempre all’essenziale. Insomma, un viaggio in cui avventurarsi, per uscire fuori dagli schemi e provare l’ebrezza dell’estrema originalità.
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“Fluo” di Isabella Santacroce, edizioni Feltrinelli. Libri in Pillole.