Mi chiamo Ivan Muthiac e vengo di Sarajevo di Vincenzo Gambardella: recensione libro

Mi chiamo Ivan Muthiac e vengo di Sarajevo è un libro sorprendente di Vincenzo Gambardella, scrittore riservato – non ha social e preferisce far parlare i romanzi, rispetto all’autopromozione – ma prolifico. Soprattutto negli ultimi anni ha scritto tanto, e io che sono stato molto fortunato, ho avuto il piacere di leggere alcuni dei suoi ultimi lavori trovandoli sempre di altissimo livello.

Dopo essermi perso con ammirazione nel racconto dei fuochisti in Vinicio Sparafuoco detto Toccacielo e aver apprezzato la storia della coppia di muti proprietari di un banco dei pegni di Come tutte le cose dell’universo, ho letto la storia toccante e commovente di Ivan Muthiac, ragazzino che suona bene la chitarra e, orfano, scappa dalla guerra di Sarajevo.
Come molti dei personaggi di Gambardella, il protagonista è spaesato e costantemente alla ricerca di sè, emarginato, ma durante la storia piano piano cresce, matura, trova il suo posto nel mondo.

Ma prima di farlo, sono tante le vicende che vive, più negative che positive, ma da ognuna apprende qualcosa. Sono tanti i suoi tormenti, e solo dopo esserci passato attraverso può finalmente trovare pace.

Il piccolo Ivan e il suo viaggio. Dalla Jugoslavia a Napoli, e poi a Milano, vive la sua vita umile con la chitarra sempre nel cuore. Nulla può separarlo da questo oggetto magico, quasi una prosecuzione del suo corpo, la sua compagna di vita. Vive in una comunità di orfani, dove ci sono altri ragazzini come lui, pieni di problemi, che cercano il loro posto nel mondo.

Ed è nel capoluogo lombardo che arriverà l’incontro che cambia per sempre la sua vita: un professore di chitarra gli fa ascoltare Django Reinhardt, e lui si innamora della sua musica. Intanto il ragazzino cresce, e vive un anno incredibile, ricco di incontri, di scelte, di avventure in compagnia di vecchi e nuovi amici. Sempre nel segno della musica.

La scrittura di Gambardella è come sempre leggera come un acquerello, ma penetra dentro. Le storie che racconta sono belle perché semplici ma universali, e sempre segnate da una grazia e un dinamismo sorprendenti.

I personaggi prendono vita nelle sue pagine, e noi restiamo curiosi e incantati a seguirne le vicende. Non si può che legare e affezionarsi a questo ragazzino testardo e con il cuore buono, che non riesce sempre ad esprimere tutte le sue capacità, chitarra a parte. E si coglie in pieno anche la grande umanità di Gambardella, scrittore sincero e appassionato, e ancor prima insegnante, che probabilmente avrà conosciuto tanti ragazzini come Ivan, innamorati della vita e desiderosi di trovare il loro posto nel mondo.

“Mi chiamo Muthiac e vengo di Sarajevo” di Vincenzo Gambardella, edizioni Il Seme Bianco. Libri da Leggere.

Exit mobile version