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“Le sorelle Lacroix” di Georges Simenon: recensione libro

Nei capolavori di diversi artisti, a partire da Fidia per arrivare al genio di Vinci, è parsa evidente la perfezione della proporzione aurea. Quella stramba cosa che, con un bel po’ di approssimazione, a dispetto dell’esattezza matematica della sua origine, potremmo definire come la pietra filosofale della bellezza. Stigma che è parso altrettanto evidente in architettura, in musica e perfino in poesia.

E in letteratura?

In letteratura, arte più avvezza a lavorar di fantasia che di precisione, non se ne ha notizia, ma vista la perfezione di molti romanzi di Simenon, parrebbe che, mentre il nostro Povero Vernes (scusate il maiuscolo, ma “povero”, dopo Tony Krause, mi dà più soddisfazione così), che vive in cattività fissando e dipingendo tetti e ha avuto la sventura di trovare le sorelle Lacroix, tu guarda i nomi!, non abbia avuto la ventura, nonostante le ossessive ricerche, di trovare la proporzione aurea, fondamento di ogni bellezza, di ogni ricchezza e cornucopia della vita stessa, parrebbe, invece, che il nostro Georges sia riuscito, spesso e volentieri, a mettersela in saccoccia.

Anche in questo romanzo, che è il romanzo dell’odio borghese per antonomasia, le proporzioni dello stesso, la sua rappresentazione pacata, ostinata, muta e implacabile, che alla lettrice attenta ricorderà quella de “Il Gatto”, sono perfette. L’odio, figlio legittimo e naturale di un segreto troppo a lungo custodito, gioca al gatto col topo, per l’appunto, con l’ipocrisia di Mathilde e Poldine, con la vendetta in odor di santità di Viève. Un odio che da algido « …diventava tanto più spesso, tanto più vischioso, tanto più pesante, tanto più perfetto quanto più lo spazio si riduceva».

Questo romanzo terribile e perfetto, claustrofobico e cupo come un pesante tendaggio di damasco, appena ristampato da Adelphi in una nuova ottima traduzione, meriterebbe maggiore considerazione nella vastissima produzione di Simenon. Terribile e perfetto, perché se la perfezione esiste, sa farsi terribile moneta di scambio del patto col… con l’arte.

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“Le sorelle Lacroix” di Georges Simenon, Adelphi Edizioni. I libri di Riccardo

Riccardo Gavioso

Nasce a Torino nel 1959, dove si laurea in Giurisprudenza. Ma ormai incerto su chi fossero i buoni e i cattivi, e pur ritenendo il baratto una forma di scambio decisamente più evoluta del commercio, da allora è costretto a occuparsi di quest’ultimo. Inevitabile, quindi, che l’alienazione professionale lo spinga tra le braccia di una penna e che la relazione, pur tra alti e bassi, si protragga per diversi anni. Poi, deluso in egual misura da quel che si pubblica e da quel che non si pubblica, smette di scrivere narrativa e si occupa di giornalismo collaborando con diverse testate di rilievo e creando un blog che arriva a incuriosire diecimila lettori al giorno. Torna alla narrativa con Arpeggio Libero con cui pubblica attualmente. Ha ottenuto diversi riconoscimenti per i suoi racconti. Nel 1997 è stato finalista al Premio Internazionale di Narrativa “ Il Prione ”.

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