“Il dono oscuro” di John M. Hull: recensione libro

Si sorride spontaneamente in risposta a un altro sorriso. Per me, invece, è come spedire lettere che non so se arrivano a destinazione”. Il Dono Oscuro somiglia alla schiusa di un uovo. M. Hull, attraverso la struttura irregolare di un diario, ma con la ritmica e la passione di una narrativa pulsante, fra aneddoti e indagini di acuto intimismo, apre delle crepe nel guscio della sua seconda vita. Lascia filtrare un lucore che aiuti a nutrire una mutua presa di coscienza (fra se stesso e il lettore) sulla propria disabilità. Nessun piagnisteo. Ci addentriamo in una selva nella quale splende una lucidità genuina, ironica, appuntita e toccante.
Il tatto indossa diottrie suturando il connubio fra desiderio e immagine
Non sono le botte a fare male ma l’umiliazione e il dolore che ti procura chi invece ti dovrebbe proteggere. È lo smarrimento totale, il non riuscire a capire e a spiegarsi il perché. È la rabbia che arriva dopo come un fiume in piena per il quale non possono esistere dighe sufficientemente resistenti. È quel cammino di autodistruzione che viene inesorabilmente tracciato e dal quale è pressoché impossibile deragliare.
Ho chiuso gli occhi e li ho poggiati sulla spalla di John. Si è spento il sole e si è fermato il tempo scandito dalla luce. Non c’è più la meteorologia degli sguardi sfumati, ma hanno preso vita il vento, fra mormorii, palpiti e il fraseggio dello spazio circostante; il tuono che cesella i luoghi; e la pioggia, che intingendo il pennello nella sua musica, compone una realtà dove prima c’era labirintica assenza. L’udito si fa cornea e dove prima c’era l’estetica dell’individuo ora c’è il rigo della voce: sciolto in un’elegia, scandisce gli stati d’animo, l’indole, il senso, fino alla coscienza più profonda. Dove prima era bastante l’essere, ora è necessario l’accadere. Il tatto indossa diottrie suturando il connubio fra desiderio e immagine
Il mondo di un disabile è un cantiere in corso
Da dove viene la cecità? C’è chi gli attribuisce il valore di un dono. Un dono che non è possibile rispedire al mittente. Allora, forse, è necessario considerarla una pellicola. Una membrana che nasconde un’essenza più intima.
L’epilogo è un cameo di rara bellezza, scritto da sua moglie Marilyn. Questa donna ci regala pagine appassionate. Un breve nutrito resoconto su come è stato vivere e amare un uomo colpito da cecità. Mrs. Hull ci apre le porte di un legame che trascende la banalità di pensiero degli osservatori di passaggio (oltre all’impietosa attitudine che hanno gli estranei a scivolare fra gaffes e una galleria di strafalcioni).
Proietta un mondo che si può concedere il lusso di smarrirsi fra le tenebre della disabilità, ma sa anche avere il coraggio di toccarsi e ritrovarsi nelle fondamenta di radicata appartenenza. Racconta di momenti di avaria, dove la comprensione profonda sa far ripartire il motore della complicità, e di silenzi guasti dove allontanarsi significa trattenere.
La malattia non fornisce un allegato con le istruzioni
La malattia non fornisce un allegato con le istruzioni, ci si diletta nell’arte dell’improvvisare, firmando ogni sera un nuovo foglio di immatricolazione. È necessario modificare il linguaggio, arricchire un vocabolario che sia in grado di supplire un sorriso, un sopracciglio alzato o un cenno d’intesa. E spesso si finisce per domandarsi se si ha l’idoneità per farlo. Bisogna accettare che il desiderio non ha più legami con ciò che racconta lo specchio sul proprio essere donna. Guardare con commossa ammirazione come i bambini sanno superare ostacoli, che agli adulti credono insormontabili, con la semplice disarmante spontaneità. Marilyn ha saputo guardare negli occhi la cecità e non si è fatta intimidire. Parla di un rapporto alla pari, dove la reciprocità e l’equilibrio non risultano mai stonati. Racconta di quella magia che John ha saputo gettare nello sguardo di chi gli stava intorno, nonostante ascoltasse un mondo capovolto: dove non è il sole a tradurre una bella giornata, ma la pioggia a disegnare i contorni tangibili di una realtà che sarà sempre più ostinata.
Questo il mio “SMS” di fine lettura.
Quest’altro, invece, il mio #readandreact:
Read and React
Cosa accade quando il nostro corpo smette di collaborare? Quando il cartiglio dell’aspetto identitario finisce sotto assedio e la morfologia del nostro quotidiano viene amputata dalla granata di un referto? Quando le coordinate della natura vengono dirottate da una vigliacca offesa immunitaria? Saremo in grado di tarare uno strumento che ci appartiene ma che vorremmo dismettere come la pelle di un rettile? Saremo pronti a rieducarci senza un bugiardino da sciogliere sotto la lingua?
In che modo ci addentriamo nell’incognita della disabilità altrui? Viaggiamo con il freno a mano tirato dal disagio, rischiando di far singhiozzare il motore della spontaneità? Ci vestiamo di pietismo solo per avere uno straccio da sfoggiare sul sagrato della coscienza? Allunghiamo lo sguardo, per poi ritrarre la mano? Sostituiamo il giocattolo guasto con un video game dal futuro ordinario? Siamo noi l’ennesima barriera architettonica ad arginare e ostacolare un lessico, dove sono i nostri i veri limiti che non ci consentono la traduzione? Chi è diverso da chi?
“And will you close the others eyes
It would be such a favor
If you would blind them” ????
“Il dono oscuro” di John M. Hull, Adelphi edizioni. La versione di E.