“Babbo Natale non esiste!”, con questa frase Giorgio, uno dei protagonisti del racconto, da inizio alla rappresentazione che Paolo Mosca ha delicatamente descritto in questo libriccino di poche pagine ma cariche di significati simbolici.
Più che un racconto questa è quasi una pièce teatrale, divisa in atti, all’interno della quale un gruppo di bambini, molto colti rispetto ai pari età, affronta il tema filosofico dell’esistenza di Babbo Natale (noi un po’ più grandicelli avremmo detto di Gesù bambino). Apparentemente potrebbe sembrare un tema futile ma non lo è nel modo più assoluto, perché il quesito amletico pone l’accento sulla linea di demarcazione, d’ombra avrebbe detto Conrad, tra l’infanzia e l’adultità (termine pedagogico abbastanza recente). Joseph Conrad nel suo “La linea d’ombra” forgiava il suo romanzo, usando la metafora della navigazione, descrivendo il passaggio dall’adolescenza all’età in cui l’uomo è chiamato a combattere, in quel farsi “uomo” che per lo scrittore era un chiaro riferimento al proprio figlio che di lì a poco avrebbe combattuto nel primo conflitto mondiale.
In modo meno drammatico di Conrad, Paolo Mosca affronta lo stesso tema del passaggio fissando la linea di confine tra la favola infantile e la cruda realtà. Per quale motivo i nostri genitori ci fanno credere quello che non esiste?… a quale scopo?… tutto questo è una congiura dei grandi ai danni dei piccoli? Il senso di vuoto che lascia la scoperta della verità è una sensazione che produce sgomento, disincanto e desiderio di vendetta.
Più che una vendetta nei confronti di chi ci ha illuso, dei genitori quindi, dei grandi, è una rivalsa contro l’ingiustizia del tempo che non ci lascia perennemente giovani, illusi, partecipi di un mondo che ci preserva dalle malattie, dalla ferocia, in poche parole dalla vita. Giorgio, Vittoria, Valentina, Corrado, Cristina e Michele sono i giovani protagonisti di questa avventura, mentre il simulacro dei grandi è bene rappresentato dalla Signora Rina, bambinaia per caso, perennemente addormentata e accondiscendente per quieto vivere. Uno di loro scopre nel proprio garage dei pacchi regalo mal celati alla sua vista e da questo deduce che quelli siano i regali che riceverà per Natale. Se i pacchi si trovano in garage prima del giorno di festa vuol dire che sono stati i genitori a metterceli e non Babbo Natale, ergo Babbo Natale non può esistere, anzi non esiste! Questa scoperta apre un dibattito all’interno del gruppo dei ragazzini.
Le posizioni sono delle più svariate e si mescolano e intersecano come sempre si dovrebbe fare, anche da adulti, quando le idee si confrontano senza dogmatismi, dicotomie e radicalizzazioni. Decidono quindi di mettere in scena quanto da loro elaborato per poterlo rappresentare ai genitori riuniti (abitano tutti nello stesso condominio) e vedere quindi l’effetto catartico che potrebbe fare su di loro, fino a costringerli a smascherarsi e finalmente a confessare l’amara verità.
E qui mi fermo per non spoilerare (termine orribile), cioè per non rivelare il finale di questo bel racconto.
“La congiura di Babbo Natale” è una fiaba da leggere da adulti per ricordarsi i sogni fatti da bambino in quel periodo dell’anno dove tutto sembra eternamente magico.
Buona lettura.
“La congiura di Babbo Natale” di Paolo Mosca. La linea d’ombra.