La fabbrica della follia

“Donne dell’anima mia” di Isabel Allende: recensione libro

Isabel Allende è stata e continua ad essere punto di riferimento per molte lettrici e molti lettori in tutto il mondo, sia per la bellezza visionaria delle storie narrate, sia per il suo ruolo sociale come donna.

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Questo nuovo libro, Donne dell’anima mia, edito da Feltrinelli e tradotto da Elena Liverani, arriva in un momento storico in cui la voce potente di una donna-simbolo, merita di essere ascoltata e meditata. L’autrice, nel suo libro, racconta di sé stessa in relazione alla propria esistenza, al suo stare al mondo ed al suo essere donna e femminista: l’infanzia cilena, le relazioni sentimentali che l’hanno amata e che lei ha amato.

A suoi lettori colombiani, per esempio, ha spiegato che il femminismo tende a spaventare perché sembra molto radicale o viene interpretato come odio. Nel suo incontro virtuale con i lettori colombiani, la Allende si è soffermata sul significato del termine patriarca. Esiste ancora il patriarcato? Di certo non più come esisteva una volta, perché il movimento femminista è riuscito a minare quella sorta di potere assoluto. Eppure, in alcuni ambiti, questo potere continua a persistere sebbene molte leggi siano cambiate.

Il pensiero femminista della Allende diventa, dunque, manifesto di rivolta contro l’autoritarismo maschile; diventa strumento a tutela delle relazioni e dei diritti umani, impegno a favore di un mondo più giusto, lotta per l’emancipazione delle donne.

“Donne dell’anima mia”, edizioni Feltrinelli. La Fabbrica della follia

Giovanni Maria Scupola

Scrittore, blogger e nurse-reporter. Laurea in Infermieristica e Laurea Specialistica, Master in Management e Coordinamento. Vive a Lecce. Ama i libri ed i viaggi. Il suo motto è: “Vorrei che tutti leggessero. Non per diventare letterati o poeti, ma perché nessuno sia più schiavo”.

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