Indimenticati

“Vedi di non morire” di Josh Bazell, Einaudi (2009)

Ed ecco l’ affermazione dell’archetipo dell’ebreo visto come vittima, incarnato al cinema e nell’immaginario collettivo dall’intellettuale con gli occhiali alla Woody Allen, timido, debole. Un archetipo che finalmente veniva apprezzato dai non ebrei – magari spinti anche da un certo senso di colpa – grazie ai suoi successi nell’arte, nella scienza, nella cultura popolare. Quest’ epoca è finita ormai”.

Josh Bazell è un personaggio particolare, a quanto ne leggo e ne ho letto. Già a partire dalla biografia educativa, che lo vede laureato in lettere, prima, e in medicina, poi. Con una specializzazione in psichiatria, come per non farsi mancare nulla. Ebreo di nascita, di cultura ma non di applicazione quotidiana, Bazell (come da citazione in apertura) si diverte, con la sua scrittura, a rovesciare parecchie cose: non soltanto le persone e gli oggetti, a colpi di pugni e pistole, che incontriamo nelle sue pagine, ma anche parecchi stereotipi che la letteratura (e il cinema, e le arti tutte) hanno portato avanti, con successo organizzato e ripetuto (studia un bisogno, crealo, diffondilo, fai modo che diventi richiesta), per decenni. E che, nonostante tutto, portano avanti ancora oggi tranne rare, ma fortissime e bellissime, eccezioni. Una di queste è “Vedi di non morire“, l’opera prima di Josh Bazell datata 2009 e portata ai tempi in Italia da Einaudi nella collana Stile Libero.

Il protagonista del libro di Bazell è Peter Brown, ex sicario (ebreo, ovviamente) al servizio della mafia (famiglia Locano, per la precisione) che, cambiata vita grazie alla protezione testimoni, lavora come medico in un ospedale newyorkese. Si chiamava Pietro Brwna, detto Orso (per motivi facilmente immaginabili), e ha una lunga scia di crimini e cadaveri alle sue spalle. Un bel giorno, in quella routine ritrovata che (comunque) fa prudere le mani, si trova a dover curare una persona dal volto decisamente famigliare: e infatti è un mafioso che, nella sua vita precedente, conosceva molto, molto bene. Peter/Pietro stipula con lui un patto d’acciaio, a doppio incastro: io ti salvo la vita, tu taci sulla mia nuova situazione. Ok, ma se io ci rimetto le penne, ti sputtano e tu fai la mia stessa fine. Anzi, peggiore. Letteralmente, a pezzi.

Da questo intreccio molto tarantiniano (ebrei tosti e soprannominati Orso, che film di Quentin vi ricorda?) parte il romanzo, una lunga (ma non troppo, 314 pagine, una lettura facile da fine settimana o da dopo cena in tranquillità) sequela di adrenalina, velocità, dialoghi e situazioni divertenti e cariche di violenza, il tutto su due direttrici ben chiare: da un lato, il presente e l’intreccio narrativo principale. Dall’altro, il flashback del passato e il racconto del Pietro che fu, che ci spiega il Peter che è (in qualche modo). Rette parallele che, come ogni buon romanzo ci insegna, arrivano a toccarsi e a confluire in una, così da spiegarci il finale con intelligenza e con un leggero sorriso sulle labbra.

“Vedi di non morire” lo ricordo come un ottimo passaparola tra appassionati ai tempi dell’uscita, ma una altrettanto rapida dipartita passate poche settimane. Un vero peccato, per me, perché di opere prime così originali (per i tempi) e così ben scritte, sinceramente fatico a trovarne. E ancora oggi, resta una lettura sì molto settoriale e dedicata agli amanti “del genere”, ma altrettanto interessante come evasione una tantum per chi, di solito, legge altro. Perché, alla fine, sembra un libro costruito per il cinema e la sceneggiatura (una delle caratteristiche che, oggi, fanno vedere un libro), tant’è che a ridosso dell’uscita ci furono varie aste e personaggi di calibro a “lottare” per aggiudicarsi i diritti del libro per la successiva trasposizione.

“E l’unico giuramento che abbia mai pronunciato, se ricordo bene, è quello di non far mai del male per primo”: appunto finale, sulla scrittura. Proprio bella, leggera ma dal grande ritmo, anche alla sapiente traduzione di Luca Conti.

Un bel pezzo, da cui è tratta la citazione iniziale, in presa diretta con l’autore.

“Vedi di non morire” di Josh Bazell, edizioni Einaudi. Indimenticati.

Ernesto Valerio

Ernesto Valerio, nato in Abruzzo (Lanciano) nel 1983, risiede a Mantova. Laureato in Sociologia, lavora da sempre come consulente commerciale, anche nel campo editoriale. Collabora con diverse realtà editoriali italiane nella redazione di opere narrative, per lo più "riscoperte". Leggere è la sua prima passione e unico vero vizio.

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