“Un indovino mi disse” di Tiziano Terzani: recensione libro

Leggere Terzani rafforza una mia inveterata convinzione: i grandi giornalisti altro non sono che narratori sottratti agli scali della fantasia e dirottati dalla curiosità sulle piste d’atterraggio del reale.

Ora mi direte: perché mai questa alata metafora? … e io vi risponderò: proprio perché questo libro nasce dalla curiosa decisione, presa da Tiziano nel 1993, causa profezia del titolo, di rinunciare per un anno agli aerei e di riappropriarsi di un mondo antico e dei suoi tempi, di millenarie culture ormai erose “da una mistura di mode, idee e banalità altrui”.

Vi invito quindi a imbarcarvi con Terzani, per andare a scoprire il vero Sud-Est asiatico, quello che i tour operator seppelliscono volentieri sotto una montagna di patinati depliant, quello della diaspora cinese, quello della divinazione e della superstizione, che non solo appartengono alla vita quotidiana, ma condizionano scelte pubbliche e private, fanno da sensali a matrimoni e alleanze, favoriscono la pace o innescano interminabili guerre. Perché in certi angoli del mondo, la sfida tra profezia e realtà, è la sfida tra un Golia, alto ben più di sei cubiti, e un Davide senza fionda.

Il tutto sapientemente filtrato dall’occhio di un occidentale innamorato dell’Oriente, e macerato dal rimpianto dei tempi in cui agli Dei non si era ancora sostituito il monoteismo cinese con la sua unica, spietata divinità, il Dio Mammona. Giocare con la profezia diviene, così, un escamotage per ritrovare i tempi che furono, magari terribili, sicuramente miseri ma dignitosi, senza alcun dubbio autentici, ormai persi o celati dall’ombra di qualche protervo grattacielo. Centinaia di storie e di aneddoti che si inseguono e si susseguono, in bilico tra antico e moderno, storie di Buddha che si scaricano come un telefonino, e aneddoti che non vi anticipo e vi lascerò scoprire con la dovuta calma, magari osservando dall’oblò di una nave o dal finestrino di un treno-bazar, come si conviene a ogni buon viaggiatore che rifugga la grigia omologazione degli scali aeroportuali e voglia davvero fare un pezzo di strada con le scarpe di chi le scarpe non le ha mai portate. Di chi raffigura i defunti, non come sono stati, ma come i defunti avrebbero voluto essere, realizzando mirabilmente quella che un tempo eravamo soliti chiamare “pietas”.

Un gioco pericoloso, quello della divinazione, perché se un indovino può davvero leggere il futuro, significa che il futuro è già scritto, e che, in definitiva, vivere altro non è che recitare un copione, per noi occidentali senza nemmeno la consolazione di repliche aggiunte in cartellone dalla reincarnazione. In altre parole, significa la rinuncia a farsi sorprendere dalla vita.

Se, come mi auguro, deciderete d’intraprendere questo affascinante viaggio, sappiate che lo farete in compagnia di un uomo nato in anni in cui i pantaloni si compravano di velluto, buoni per ogni stagione, e soprattutto si pagavano a rate. Sappiate che con Tiziano mangerete quel che capita e dormirete in quel che capita, ed entrambe le cose non è detto che sempre capitino.

(Le sessanta recensioni che, una al giorno, leggerete in SummeReload, potete trovarle, insieme a molte altre, in “Recensionando Ventiventitré “. Il libro che le raccoglie è in versione elettronica e chi lo desira può richiederlo nel formato che preferisce in cambio di un’offerta libera per il Premio Letterario Giancarlo Molinari)

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“Un indovino mi disse” di Tiziano Terzani, edizioni Tea. I libri di Riccardo

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