Sulla pietra di Fred Vargas, traduzione della compianta Margherita Botto e dell’impeccabile Simona Mambrini.
“Vanno, vengono
Ogni tanto si fermano
E quando si fermano, sono nere come il corvo
Sembra che ti guardano con malocchio”
“Certe volte sono bianche
E corrono
E prendono la forma dell’airone o della pecora
O di qualche altra bestia”
“Ma questo lo vedono meglio i bambini
Che giocano a corrergli dietro per tanti metri”
Alors… no, non è un refuso, è francese, quindi “alors”. Alors, dicevamo, “Sulla pietra” è ambientato in Bretagna, e che non si dica che ho peccato di spoiler, giacché il termine è orripilante e anticipare l’ambientazione non è certo spoiler, e tanto meno è spoiler se in copertina campeggia un dolmen, la Pietra del titolo, cosa che rende assai poco probabile un’ambientazione al centro di Voghera. Alors, sappiate che se mai doveste andare in Bretagna, magari in cerca di sale grigio, il migliore al mondo, o di ostriche Bélon, le migliori al mondo, o di spiagge caraibiche, le migliori al mondo ma anche le più freschine al mondo (e se, parenti di Tommaso, non mi doveste credere senza mettere naso, digitate Isole Glénan e poi “immagini” con Google), il peggior esordio in cui potreste incappare è quello di dire a un bretone di essere straniero. Il bretone vi fisserà perplesso e ribatterà che non sembrate parigino.
Voi fisserete perplesso il bretone e il bretone vi spiegherà che in Bretagna nessuno è straniero, “eccezionfatta” per i parigini. Quindi, se siete perspicaci, oltre che “nonparigini”, realizzerete che dare del francese a un bretone è una delle peggiori, e più perigliose, idee della vita… di qualcuno in generale e della vostra in particolare. Loro non sono francesi, Loro sono stati invasi dai francesi nel millecinquecento e stanno ancora lavorando a risolvere il problema. Queste e altre mille peculiarità della Bretagna potete scoprirle leggendo i gialli di Jean-Luc Bannalec, che non è bretone, ma tedesco, ma ha ricevuto la cittadinanza onoraria per i suoi incantevoli libri sulla Bretagna. Quindi voi vi leggete i gialli che, essendo francesi, non si chiamano gialli, e io torno alla regina del polar, sperando di capire che razza di abbreviazione è “polar” cosa che mi mette in crisi dalla notte dei tempi.
Fine della chilometrica divagazione, non dovuta a logorrea fulminante, ma al tentativo di mettervi a vostro agio prima di spedirvi ad affrontare le “nubivaghe”, “nebulivaghe” per quelli che hanno fatto il classico, divagazioni del nostro Spalatore di “cirrocumulonembi”per antonomasia.
Il commissario Adamsberg.
Sulla Pietra, alors, ma noi che siamo gente alla mano inizieremo con i sassolini.
Il primo sassolino fuori dalla scarpa è per quelli che ogni volta che esce un polar di Fred Vargas ci tengono a farle le pulci, a dire che la nostra Frédérique non è più quella di una volta. Di quale volta, scusate? …prego rispondere! Voi siete sempre quelli di una volta e quindi vi nutrite ancora di omogeneizzati? I risultati non sono brillanti, sappiatelo! Sapete chi non cambia? …ci tenete proprio a saperlo? Comunque la Vargas non è interessata alle polemiche, specie quelle pretestuose, e regolarmente va in testa alle classifiche, prima in Francia, poi in Italia e nel resto del mondo. Ora, se è pur vero che la qualità di un libro non si giudica dalle vendite, come diceva un grande, quello che è sicuro è che non è vero neppure il contrario. Quanto a chi dovesse mettere in discussione alcune straordinarie peculiarità delle sue trame, lei è troppo signora per ricordarvi che è una scienziata, ricercatrice di archeozoologia presso il Centro Nazionale Francese per le Ricerche Scientifiche ed esperta in medievistica, così lo faccio io.
Secondo sassolino per quelli che, davvero e purtroppo, non son più quelli di una volta: Einaudi, diamine, vero che il paese dov’è ambientato il libro è geograficamente posizionato nella fantasia di Fred, ma Combourg, il castello di Chateaubriand e Saint-Malo, no, e sono sicuramente in Bretagna, per tutti, tranne che per chi presenta il libro parlando, per ben due volte, cosa che esclude il refuso, di Normandia.
Del resto, chi ha poche idee non può mica lasciarle nella melma, tranquille, a far bolle e vivere la loro placida vita, come fa Adamsberg, attendendo serenamente che affiorino in superficie. Né può sdraiarsi su un Dolmen in attesa dell’evento epifanico.
Gli ingredienti di Vargas ci sono tutti, tranquilli: ci sono i suoi personaggi che amiamo di più, qualcuno nuovo e originale come quelli cui siamo affezionati, quindi la possibilità di fare la fine dell’ipersonne Mercadet e addormentarsi sul libro, pare da escludere, semmai rischierete di fare le ore piccole. E chi insiste sugli avversativi lo affido nelle delicate mani di una Retancourt addolcita, ma solo fino a un certo punto, da inattesi apprezzamenti sentimentali. Quanto alla trama, sapete che ve la dispenso a gocce, come un distillato, come un chouchen, l’idromele bretone. Potrei però dirvi che assisterete alla lotta tra Ombrosi e Ombristi, o all’eterna lotta tra ragione e superstizione, e in tempi in cui la ragione pare totalmente smarrita, a casa nostra e in quella della Vargas, come ignorare l’attualità di questo noir, come non apprezzare un finale tanto sorprendente quanto commovente, e pieni di asini in senso lato, come non arrendersi alla poetica di un asinello bretone, anche se Chateaubriand o la Chateaubriand non dovessero appagare i vostri gusti letterari o culinari.
Perfettamente inutile scrivere che la recensione è troppo lunga e non dice di cosa parla il libro… vi hanno mai mandato in Finistère?
Ancora più inutile, “omnubilati” o obnubilati dai dubbi linguistici del nostro eroe, cercare di comprare un dolmen su Amazon… non ve lo vendono, e se mai sarà, il trasporto verrà a costare un botto anche con “prime”
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“Sulla pietra” di Fred Vargas, Edizioni Einaudi. I libri di Riccardo