C’è qualcosa di commovente e di magico nell’intercalare del vecchio padre di Arnljòtur, in quella ripetizione promossa ad anafora che s’infila sotto la nostra pellaccia di consumati lettori, entra in circolo e acquista vita autonoma, un po’ come il “, sostiene Pereira” di “Sostiene Pereira”.
Ci sono personaggi che sbocciano nella nostra mente di lettori, tanto da farci sorgere il dubbio che qualcuno li abbia seminati in precedenza, in un altro tempo, in un’altra dimensione. Ci sono romanzi toccati dalla grazia, senza che l’autrice l’abbia cercata o impetrata, la grazia. Ci sono e sono lì per noi, è solo questione di andare a cercarli, magari in un’isola lontana, magari in un’isola che c’è e che col calore dei suoi vulcani fa da incubatrice alla letteratura di qualità.
Una trama che non è una trama
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Audur Ava Ólafsdóttir, nata a Reykjavik nel 1958, è una delle più note scrittrici islandesi. Dopo aver insegnato Storia dell’Arte è giunta al successo proprio con “Rosa Candida” ed è stata poi finalista del Premio Strega Europeo 2018 con “Hotel Silence”. In Italia sono stati pubblicati sei suoi romanzi, tutti da Einaudi e tutti con l’ottima traduzione di Stefano Rosatti.
“Rosa candida” di Audur Ava Ólafsdóttir, edizioni Einaudi. I libri di Riccardo