I libri di Riccardo

“Pista nera” di Antonio Manzini: recensione libro

Piccolo trattato “ontologico” sull’utilità della televisione. Dopo essermi imbattuto incidentalmente in una puntata del Commissario Schiavone, meglio chiamarlo “Vicequestore” perché lui a certe cose ci tiene e da Aosta a Torino venir giù è un attimo, mi son chiesto perché non avessi mai preso in considerazione il fatto di leggere i romanzi di Sellerio di Antonio Manzini che lo vedono protagonista. Forse l’unica risposta sincera dovrebbe far riferimento alla mia inveterata diffidenza verso i giallisti italiani, naturalmente con le opportune, e prestigiose, eccezioni che hanno fatto grande proprio Sellerio.

Pista nera di Antonio Manzini

Però Schiavone m’incuriosiva, e m’incuriosiva in quanto elemento pittorescamente avulso dal contesto in cui gli tocca scontare il confino, lui “guardia” fratello di ladri, col suo improbabile loden, a “fracicarsi” le Clarks, gelarsi i piedi nella neve, e soprattutto affondare inesorabilmente nei ricordi e nei rimpianti. Intendiamoci, non che il nostro eroe disdegni la giustizia, ma la persegue con una seccante propensione per quella con la “g” minuscola, forse l’unica davvero degna della maiuscola. Eroe ambizioso, vista la tendenza a ergersi a Dio e ad andarci giù pesante, se il caso lo richiede, come una divinità scandinava munita di martello, ma preferendo l’uso delle mani nude. Tutto questo volendo indulgere, senza occuparci, quindi, dei vizi del vicequestore e senza specificare quale sia la sua “preghiera laica del mattino”.

Come dicevo, mi sono fidato e ho fatto bene: Manzini scrive bene, se poi si considera che parliamo di gialli, scrive molto bene e spesso gratifica i lettori più navigati con qualche pregevole citazione letteraria. Il suo protagonista è originale, come lo sono i personaggi che lo circondano, e i meccanismi narrativi, pur conosciuti e ben rodati, sono impreziositi da una sfumatura di disincanto che aleggia costantemente sulla trama in attesa di calarvi e di tingerla con i colori dell’ironia o del sarcasmo.

Quanto all’episodio con cui si apre la fortunata serie, strizzando l’occhio al titolo, potremmo dire che è uno slalom tra proverbi e luoghi comuni: da “non dire gatto se non ce l’hai nel sacco” a “il paese è piccolo, la gente mormora”. In poche parole un’indagine che raggiungerà in brevissimo tempo il massimo grado Mercalli nella personalissima scala di rottura di coglioni del buon Rocco, peraltro distratto da un enorme problema di scatole cinesi delle ipertrofiche dimensioni di container.

Vi consiglio di provare questo romanzo, tenendo conto che certi prodotti editoriali, pur in assenza di disclaimer, possono dare gradevole dipendenza.

“Pista nera” di Antonio Manzini, edizioni Sellerio. I libri di Riccardo

Riccardo Gavioso

Nasce a Torino nel 1959, dove si laurea in Giurisprudenza. Ma ormai incerto su chi fossero i buoni e i cattivi, e pur ritenendo il baratto una forma di scambio decisamente più evoluta del commercio, da allora è costretto a occuparsi di quest’ultimo. Inevitabile, quindi, che l’alienazione professionale lo spinga tra le braccia di una penna e che la relazione, pur tra alti e bassi, si protragga per diversi anni. Poi, deluso in egual misura da quel che si pubblica e da quel che non si pubblica, smette di scrivere narrativa e si occupa di giornalismo collaborando con diverse testate di rilievo e creando un blog che arriva a incuriosire diecimila lettori al giorno. Torna alla narrativa con Arpeggio Libero con cui pubblica attualmente. Ha ottenuto diversi riconoscimenti per i suoi racconti. Nel 1997 è stato finalista al Premio Internazionale di Narrativa “ Il Prione ”.

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