Pochissime sono le pagine che servirono a Vasilij Semënovič Grossman, allora popolare corrispondente di guerra, per descrivere Treblinka, la catena di montaggio della morte. Poche, ma talmente dense che per il lettore sono destinate ad acquistare un terribile peso specifico, a tramutarsi nel buco nero dell’orrore che ingoiò tre milioni di persone.
Unico esempio di un macello dove le bestie uccidevano gli esseri umani.
Un libro che riporta le testimonianze dei contadini polacchi e di un numero talmente esiguo di sopravvissuti che per contarli bastarono le dita di una mano, ma straordinariamente importanti visto che furono raccolte appena l’Armata Rossa arrivò a Treblinka marciando su strade nere di ceneri umane che attutivano i rumori degli stivali quasi a reclamare il raccoglimento del silenzio.
Il crudo resoconto di un incubo, a tal punto reale, da finire agli atti nel Processo di Norimberga.
Potete aver letto decine di libri sulla Shoah, ma questo, nonostante il taglio giornalistico e qualche concessione propagandistica all’eroismo di Stalingrado, si farà stigma della vostra umanità e sentinella della stessa, ameno fino a quando “capiremo che l’idea dell’eccellenza di una nazione, di una razza o di chissà che, reclama Treblinka, Sobibor e Auschwitz.”
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“L’inferno di Treblinka” di Vasilij Grossman, edizioni Adelphi. I libri di Riccardo