Un Girino che narra di rane sembra un sovvertimento dell’ordine naturale delle cose, ma dato che gli uomini narrano degli dei, anche questo romanzo può rientrare nell’alveo della mitologia. Infatti è un mito La Zia, Wan Xin, leggendaria levatrice della zona a nord-est di Gaomi, dea mortale della fertilità che ha fatto nascere diecimila bambini, ma che si trova a far di conto con gigantesche rane che le rinfacciano quelli cui ha negato la luce in ossequio alle disposizioni sul contenimento delle nascite che le venivano dal Partito.
La rane, di Mo Yan
Un romanzo che porge i suoi ossequi alle assonanze e alle similitudini: rana e bambino hanno un suono quasi identico nella lingua cinese, il girino e lo spermatozoo nuotano, simili nella forma e nell’ostinazione, verso la vita, vita che si alterna alla morte nel corso di tutto il romanzo. Un romanzo attento alla letteratura occidentale, dove abbondano le citazioni, da Aristofane a Sartre. Un romanzo proteiforme che alterna la narrazione epistolare a quella in prima persona per arrivare a una meta-narrazione teatrale. Romanzo potente e crudo, come quello di un Nobel ha il dovere di essere, un’ascia per il mare ghiacciato delle nostre errate convinzioni sulla Cina passata e presente, un romanzo memorabile, epico, tragico, parto gemellare di realismo onirico… troppi aggettivi, avete ragione, ma come si fa a circoscrivere un romanzo di questa caratura usandone solo un paio?
“Le rane” di Mo Yan, edizioni Einaudi. I libri di Riccardo