“Le otto di sera. Per milioni di uomini, ciascuno nella sua casa, nel piccolo mondo che si è creato o di cui è ostaggio, sta volgendo al termine, fredda e nebbiosa, una precisa giornata, quella di mercoledì 3 febbraio.”
Il prestigiatore della scrittura mi ha turlupinato ancora.
Le campane di Bicêtre di Georges Simenon
L’incipit ti lascia a boccheggiare come un pesce rosso.
Una manciata di pagine e ti trasformi nel potente direttore del più autorevole giornale parigino, non particolarmente interessante non particolarmente simpatico, eppure le sue sofferenze sono le tue, i suoi ragionamenti, umani, fin troppo umani, ti appartengono, mentre rifletti sul fatto che solo ai grandi scrittori sia dato di narrare di malattia senza retorica, di farne cartina tornasole di una vita, di tante vite, forse di tutte le vite. E la tua memoria vagola, ripensando al destino di Ilič e ai Sette Piani di Buzzati, e la tua mente svicola da un bilancio crudele che accantoni, ma sai che non potrai delegare a un grigio contabile.
Maledetto belga!
Per colpa tua, alla prossima cena fisserò con diffidenza gli amici di sempre.
Maledetto belga, fin troppo francese!
Dicono che il nostro cervello, poco prima di morire, qualcuno dice addirittura dopo la morte, ci restituisca le immagini più preziose della nostra vita, quelle che ha scelto d’immagazzinare in un file che si attiverà automaticamente quando la procedura di “reset” sarà avviata. Ma anche la malattia sembra in grado di fare lo stesso e, anzi, il problema del nostro René è che questi ricordi paiono avere la prerogativa di assumere consistenza corporea nella sua camera di Bicêtre, magari per sussurragli che il destino dell’uomo altro non è che affannarsi per costruirsi una vita a colori, condividerla e ostentarla, per poi rimpiangere il bianco e nero della propria frugale giovinezza.
Così ci si aggrappa ai ricordi, alle piccole cose… e come possono diventare grandi le piccole cose in mano a un maledetto belga.
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“Le campane di Bicêtre,” di Georges Simenon, Adelphi Edizioni. I libri di Riccardo