Lady Chevy è un nome di fantasia. Un nome di fantasia che ha scalzato quello della diciottenne Amy Wirkner, beffarda allusione alle imponenti curve del suo fondoschiena che, per i bulli di Barnesville ricorderebbero quelle delle vecchie Chevrolet.
Ad Amy resta poco del suo nome, resta poco del suo fratellino, Stonewall, e poco anche della sua famiglia, ma restano gli animali che ama e un futuro da veterinaria da costruire. Ma nel “paese non più molto giovane, dove il biglietto verde è la sua difesa”, il paese decapitato dalle miniere a cielo aperto, in cui il fracking frantuma colline e avvelena terreni, anche i sogni tendono a sgretolarsi e il futuro a nascondere veleni.
“Non provare a finire come me, Amy. Non ti perdonerei mai”
Barnesville non è un nome di fantasia.
Barnesville è un bel posto ghignante, piantato come un paletto di frassino nel cuore dell’Ohio Valley, culla e svezzamento, un tempo del Ku Klux Klan, ora del suprematismo bianco, domani chissà. Tutto fucili e religione. Tutto croci, bruciate o meno. Un bel posto dove, prima di tagliare il tacchino, si ringrazia il Signore di non essere nato pellerossa… perché? …provate a chiederlo a un nativo americano, sempre se riuscite a trovarne uno. Un posto ridente dove la terra è stata rubata con un genocidio, per essere poi svenduta a prezzi di liquidazione e provare a scappare prima che un altro genocidio, quello chimico, diventi nemesi. Un posto in cui la giustizia non esiste, in cui la giustizia è solo un’altra forma di violenza e sopraffazione. Un gran bel posto dove al legno delle carrozze Amish farebbe da contrappunto l’acciaio delle botole dei rifugi antiatomici, se queste non fossero perfettamente nascoste nel terreno e ricoperte di foglie da chi spera nell’apocalisse, forse per ossessione puritana, forse per tragicomica follia survivalista.
Un romanzo deflagrante, sorprendente, narrato a due voci, cupo e disperato come le due voci che lo narrano, ambientato in una terra cupa e disperata come volti e voci che la popolano, avvolta in nebbie iridescenti, dove c’è posto in abbondanza per il Delitto, ma non abbastanza per il Castigo. Una scrittura di straordinario livello quella dell’esordiente Woods, cinica nell’abortire l’America, in balia di deliri grezzi o estremamente raffinati, per poi guardare con dolcezza la protagonista del suo romanzo e far scaturire un barlume di luce nell’animo dell’attonito lettore.
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