“La mia prediletta” di Romy Hausmann: recensione libro

Le mie preferenze sono sempre andate ai thriller classici piuttosto che a quelli psicologici, e il “piuttosto che” è usato in versione classica e non in quella mal riveduta e mal corretta. D’altra parte le miei preferenze sono da tempo maggiorenni e, una volta aperta la porta di casa, sono libere di andare dove vogliono, anche ad aprire la porta di una libreria. Certo, se non parlano con gli sconosciuti sono più contento. Capita anche che, deluse, dagli incontri che fanno, si chiedano per quale motivo non siano rimaste a casa a ripescare uno dei tantissimi, meravigliosi, McBain che sonnecchiano nella mia libreria e, visto il clima artico, gustarselo cullate dal fuoco di un caminetto.

Però, e ora, vista la premessa, molti si aspetteranno che il “però” preannunci la stroncatura, invece il “però” è già sulle tracce di quelli, e sono tanti, che non hanno apprezzato questo thriller, che a mio parere è un ottimo thriller psicologico. Certo, si può rimanere spiazzati da una narrazione fatta di caleidoscopici “point of view”, come dicono quelli che hanno studiato, dall’alternarsi di narrazioni in prima e seconda persona, come dicono quelli che hanno studiato bene, e dall’uso generoso dell’analessi e del presente storico narrativo, come dicono… no, dai, basta così, mi sono stufato io, chissà voi. Però, eh sì, torniamo al “però”, il gioco del thriller psicologico è proprio questo, il fascino del puzzle, il riconoscere e il ricomporre, e bisogna appunto riconoscere che la Hausmann è stata davvero brava a cesellare ogni singolo pezzo fino a donare loro una tridimensionalità sorprendente. E chi si appella alla necessità di dosi non omeopatiche di sospensione d’incredulità, forse non legge con la dovuta attenzione le notizie che provengono, ahimè, proprio dalla cronaca nera della patria della Hausmann, a dimostrare che la realtà sempre supera la narrativa, con buona pace dei lettori e dei luoghi comuni.

Un’idea della trama?

Sapete che non è mia abitudine, specie in fatto di thriller, darvela, ma circonfuso di bontà natalizia, vedrò di fare un’eccezione: una strana “bambina” di tredici anni, troppo colta e troppo algida per la sua età, e una madre ancor più strana, paiono sbocciare dalla terra di un bosco come fiori notturni. La domanda è: chi le ha coltivate in una claustrofobica serra per quasi quattordic’anni?

“La mia prediletta” di Romy Hausmann, edizioni Giunti. I libri di Riccardo

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