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“La figlia dello straniero” di Joyce Carol Oates: recensione libro

Non è un romanzo sull’Olocausto, quello di Joyce Carol Oates recentemente ripubblicato da “La nave di Teseo”, eppure non ci sarebbe questa storia in assenza della pagina meno umana della Storia umana. Non ci sarebbe questa storia perché il becchino non sarebbe stato esule dalla sua vera vita, sarebbe rimasto un grigio professore di matematica con qualche innocua fissazione che avrebbe vessato una manciata di sfortunati alunni tedeschi.

Invece, il contatto con gli “IuEss” innesca un reazione chimica, una deflagrazione e un conseguente spostamento d’aria che scaraventerà in aria i figli del becchino e li sparpaglierà per il Grande Paese, che per qualcuno di loro è destinato a restare un paese piccolo e alieno, nonostante l’imposizione paterna di dimenticare la propria lingua e di parlare solo quella del luogo. Ma soprattutto non ci sarebbe la storia della figlia del becchino, una storia di coraggio e resilienza, come è ormai inflazionato dire, la storia di una donna che sceglierà di non avere come massima aspirazione la perfetta stiratura delle camicie del marito, una minuscola enorme storia di donna, come quelle che da una vita ci regala Joyce Carol, la nipote di Blanche, immigrata di origine ungherese, al centro di un triste fatto di cronaca legato alle radici ebraiche del padre, che nel romanzo troverà la sua trasposizione narrativa.

Rebecca Schwart, Rebecca Tignor, Hazel Jones, Hazel Jones Gallagher… perché l’America è il paese in cui puoi reinventarti e reinventare il tuo nome, in fuga da te stessa o da qualcuno, costretta a crescere in fretta e a crescere in fretta chi ami. Perché se “il cielo dell’America son mille cieli sopra a un continente” e se Rebecca ne ha visti pochi, Hazel, invece, se non mille, di quei cieli è destinata a vederne molti, a maramaldeggiare la tastiera geografica dell’East Coast.

Qualcuno ha parlato di favola nera che diventa rosa, qualcuno addirittura di Biancaneve, dimostrando, se mai ce ne fosse bisogno, che, come ha detto un grande, i libri mica basta leggerli, i libri bisognerebbe anche capirli. Altro che favola, è un romanzo affilato come la carta su cui è stampato, un romanzo che ha poco a che spartire con l’incongrua copertina Harmony che lo sminuisce, un romanzo che parla d’emarginazione sociale, che stigmatizza le simpatie naziste di quelli che dovevano essere i buoni, che denuncia le complicità di un paese in cui la violenza si fa domestica con una facilità disarmante. Un romanzo che ci narra le debolezze di una madre coraggio nel ritagliare un posto per quel figlio che non si addormentava senza il conforto della radio, e che nelle voci della radio cercava un padre. Favola? …mi sa che qualcuno avrebbe bisogno di un aiutino anche per leggere le favole!

Non vi è nulla di fiabesco nel duro finale epistolare del libro, come sempre fuori dai canoni e quanto mai efficace, nulla tranne l’essenza della vita e del viaggio che, forse meno travagliato di quello della figlia dello straniero, toccherà a tutti noi. Nulla di scontato, nulla di come dovrebbe essere, tutto di com’è e di come sarà.

Ci sono libri migliori della Oates? Possibile, probabile vista la sua enorme produzione letteraria, ma questo rimane un signor libro perché il livello di Joyce Carol Oates non solo non è quello delle favole, ma è un livello del reale accessibile a pochissimi.

La figlia dello straniero” di Joyce Carlol Oates, edizioni La Nave di Teseo. I libri di Riccardo

Riccardo Gavioso

Nasce a Torino nel 1959, dove si laurea in Giurisprudenza. Ma ormai incerto su chi fossero i buoni e i cattivi, e pur ritenendo il baratto una forma di scambio decisamente più evoluta del commercio, da allora è costretto a occuparsi di quest’ultimo. Inevitabile, quindi, che l’alienazione professionale lo spinga tra le braccia di una penna e che la relazione, pur tra alti e bassi, si protragga per diversi anni. Poi, deluso in egual misura da quel che si pubblica e da quel che non si pubblica, smette di scrivere narrativa e si occupa di giornalismo collaborando con diverse testate di rilievo e creando un blog che arriva a incuriosire diecimila lettori al giorno. Torna alla narrativa con Arpeggio Libero con cui pubblica attualmente. Ha ottenuto diversi riconoscimenti per i suoi racconti. Nel 1997 è stato finalista al Premio Internazionale di Narrativa “ Il Prione ”.

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