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“I ragazzi della Nickel” di Colson Whitehead: recensione libro

I ragazzi della Nickel è un viaggio nell’America degli orrori, nell’America dei cappucci inamidati. Un viaggio nell’America di Rosa Parks e della sua stanchezza rivoluzionaria, nell’America del governatore Faubus, il nazista della porta accanto, un viaggio in tempi che dalle nostre parti sono stati, e per qualcuno sono ancora, soltanto i tempi di Happy Days. Un viaggio nell’America che non c’è più o che sembra non più esserci? …cercate la risposta nel libro di Colson, non è poi così scontata.

Qualcuno ha rimproverato a questo romanzo la brevità, ma io che sono abituato a considerarla un pregio, almeno fino a prova contraria, non sono tra questi. E poi, visto che finiremo immersi nel fango, il crogiolarvisi da parte dell’autore non sarebbe speculazione un tanto al chilo? …e chi porta a casa due Pulitzer rifugge questi mezzucci “accalappialettori”.

Elwood è il classico bravo ragazzo, cresciuto a pane e Martin Luther King, poco pane e molto Martin Luther King, ma una leggerezza lo scaraventerà all’inferno, a scoprire che esiste un inferno dei bianchi e un inferno dei neri, e che il primo, rispetto al secondo, se non è paradiso è almeno purgatorio. Il caritatevole riformatorio del Signor Nickel, la caritatevole scuola del Signor Nickel, ha una collina degli stivali, appezzamento di terreno per chi muoia di morte violenta, con gli stivali ai piedi per l’appunto, e una collina per chi muore senza nemmeno il conforto degli stivali ai piedi o di qualcuna che lo rimpianga e reclami ciò che resta di lui, magari figlio di una madre che lo amava, ma che amava di più l’alcol. Perché la rieducazione, la redenzione, nella versione a stelle e strisce, è sempre stato business, e la violenza, oltre che svago per qualcuno, il lubrificante per oliare i micrometrici meccanismi del business.

Colson ha detto che se “La ferrovia sotterranea” è stato un libro brutale, questo è stato un romanzo devastante, sofferto, ma forse doveroso perché a un Elwood, o a un Turner, ancora oggi e in diversi posti, non è consigliabile incrociare un poliziotto bianco tenendo le mani in tasca.

Alla fine il vostro dubbio sarà, esisteva la Nickel, o forse sarà, quante Nickel sono esistite? …la Nickel, pur con altro nome, è esistita davvero, quante altre Nickel, non ci è dato sapere con certezza. Mentre ci è dato sapere cosa Martin Luther King ripeteva a sua figlia: “Anche se non puoi entrare a Fun Town, ricordati che non vali meno di quelli che ci possono entrare.”

“I ragazzi della Nickel” di Colson Whitehead, edizioni Mondadori. I libri di Riccardo

Riccardo Gavioso

Nasce a Torino nel 1959, dove si laurea in Giurisprudenza. Ma ormai incerto su chi fossero i buoni e i cattivi, e pur ritenendo il baratto una forma di scambio decisamente più evoluta del commercio, da allora è costretto a occuparsi di quest’ultimo. Inevitabile, quindi, che l’alienazione professionale lo spinga tra le braccia di una penna e che la relazione, pur tra alti e bassi, si protragga per diversi anni. Poi, deluso in egual misura da quel che si pubblica e da quel che non si pubblica, smette di scrivere narrativa e si occupa di giornalismo collaborando con diverse testate di rilievo e creando un blog che arriva a incuriosire diecimila lettori al giorno. Torna alla narrativa con Arpeggio Libero con cui pubblica attualmente. Ha ottenuto diversi riconoscimenti per i suoi racconti. Nel 1997 è stato finalista al Premio Internazionale di Narrativa “ Il Prione ”.

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