“Ho fatto la spia” di Joyce Carol Oates: recensione libro

“In una nave che affonda gl’intellettuali sono i primi a fuggire, subito dopo i topi e molto prima delle puttane”, diceva Majakovskij, anche se la curiosa, e poco onorevole tempistica, potrebbe essere adatta alla società americana.

Ho fatto la spia

Il buon americano, uno tipo il “buon padre di famiglia” del nostro codice civile ma con la bandiera “stellestriscie” piantata in giardino, odia in egual, e abbondante misura, sia i “topi” che gli intellettuali, ancor più se gli intellettuali sono donne, ancor più se oltre a essere donne e intellettuali, invece di farcire il tacchino per il Giorno del Ringraziamento, se ne vanno in giro a scrivere e raccontare che il buon americano non sa, e non può, perdonare il “topo” che ha abbandonato la meravigliosa festante nave da crociera della famiglia… ah, per informazioni sui piaceri che racchiudono gli scrigni delle grandi navi da crociera potete sempre chiedere a un altro intellettuale, questa volta uomo, DFW, al secolo, quello che lo scorso purtroppo l’ha abbandonato troppo presto, David Foster Wallace.

Ma, per la verità, Vi’let non ha abbandonato la nave, e come avrebbe potuto a soli dodici anni?, ma ha fatto la spia, è stata “topo”, come dicono dalle sue parti, e come topo dev’essere cacciata e scacciata. Crudele ? …ringrazi di non essere stata annegata come la talpa del giardino, o colpita con una mazza, come quel ragazzo reo del colore della propria pelle e della povertà della sua bicicletta.

Così l’esilio di Violet Kerrigan si trasformerà in una sorta di laica Via Crucis cattolica, nella scoperta che la violenza non ha solo le rassicuranti fattezze domestiche, ma che, più subdola e sfumata, ma non meno graffiante, si può acquattare sotto i linoleum sbiaditi come sotto le moquette color panna, lasciando cicatrici a forma di stella e costringendo il topo a cambiare tana, triste e malinconico come quello con un fazzoletto a pois in cima a un bastone dei cartoni animati.

Dal parlare di topi passiamo a parlare di topos, o meglio di tòpoi, perché i temi ricorrenti della sconfinata produzione di Joyce Carol ci sono tutti e graffiano, puri come fossero stati filtrati: quelli pubblici, come le tensioni razziali e le discriminazioni di genere, e quelli privati, come l’espulsione dal nucleo famigliare e l’incessante acufene della solitudine nell’enorme Paese Sordo al Perdono. Un romanzo che diventa un compendio della sua multiforme produzione e una sorta di Ritratto di Dorian Gray della ferocia nascosta in soffitta dalla società americana. Anche l’ambientazione non è nuova, South Niagara, appena qualche chilometro di distanza da quella de “Le Cascate”, e anche il personaggio di Violet Rue come quello della Sposa delle Cascate, è indimenticabile, destinato a infilarsi sotto la nostra pelle di lettori e iniziare a circolare, per raggiungere la testa e far tana nella nostra memoria… esattamente come un topo.

“Ho fatto la spia” di Joyce Carol Oates, edizioni La nave di Teseo. I libri di Riccardo

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