“Città sommersa” di Marta Barone: recensione libro

Ritrovare le proprie radici spesso significa sarchiare il tempo e riportare in superficie le storie dei nostri genitori. Storie magari filtrate dagli sguardi di chi è stato loro accanto quando noi non c’eravamo o non potevamo esserci.

Città sommersa di Marta Barone

C’è qualcosa di stra… ordinario – sì così, sì, proprio scritto staccato – nella figura di Leonardo Barone, nell’immagine dei suoi occhi coperti da bende in attesa di trovare nuova vita, in attesa che si realizzi l’ultimo atto di generosità di una vita vocata al bene e alla lotta, perché la lotta è il prezzo da pagare del biglietto per l’altruismo. E c’è qualcosa di straordinario nella delicata opera, da mosaicista, di una figlia che raccoglie tessere della vita del padre, le libera dalla polvere degli anni e le ricolloca a comporre l’immagine di un uomo e di una città che non ci sono più. Di un uomo che ci ha lasciato e di una città che forse si è inabissata per sempre, e che, come la mitologica Kitež, mostra spettrali vestigia di se stessa a qualche sperduto viandante, cui pare di udire ancora l’eco dei rumori della Fabbrica provenire dal fondo degli anni del boom economico.

Avrei voluto conoscerlo Leonardo Barone, anche se è probabile che ci siamo sfiorati: stessa città, stessi anni, stesse persone, stessi luoghi. Facile esserci passati accanto senza toccarci. Peccato, mi sarebbe piaciuto conoscerlo, ma grazie al libro di Marta, Leonardo ha cambiato la mia percezione di fatti che a loro volta mi erano scivolati accanto senza il giusto rilievo, senza la giusta profondità, senza la corretta prospettiva. E così la storia di questo medico operaio, che aveva ricevuto “il terribile dono di vedere in faccia il mondo com’è”, che è rimasto fino all’ultimo con quelli con cui doveva stare, la storia delle sue tre lauree, del suo carisma mai sopra le righe, può ancora cambiare la vita di qualcuno, o rattoppare i ricordi di qualcuno, liberare gli anni di piombo dal sarcofago di piombo in cui li ha rinchiusi l’informazione, liberare le storie di quegli anni da una bambinesca divisione in buoni e cattivi, liberare le storie di quelli che alla violenza non si sono piegati, ricordare chi ha avuto pietà degli invisibili, dei lumpen, e che ora ha bisogno della nostra pietà:

“Abbi pietà di queste persone. Credevano in quello che facevano e la maggior parte di loro non ha mai fatto male a nessuno, se non a se stessi. Sono stati divorati dalla Storia.”

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Da quindici anni non leggevo un romanzo italiano di questa qualità e di questo specifico peso letterario. Da tempo non vedevo il coraggio di uno scrittore avere il coraggio di farsi scrittura, e scrittura di questa caratura. Tutto troppo perfetto per un premio che da anni si crogiola razzolando in tristi repliche di storie di infedeltà vagheggiate, vaneggiate, ostentate, celate, rimpiante… continuate voi, ché mi sono ampiamente stufato. Tutto troppo perfetto per vincere… non vincerà, ma lo meriterebbe e glielo auguro di cuore, certo che vincerà nel cuore di molti lettori

Città sommersa” di Marta Barone, edizioni Bompiani. I libri di Riccardo

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