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“Canta, spirito, Canta” di Jesmyn Ward: recensione libro

Fateci caso, in molti dei romanzi che hanno caratterizzato la letteratura del Novecento, la percentuale di Realismo Magico nell’impasto varia da “quanto basta” a “distribuire a pioggia”. Ed è probabile che anche nel secolo in corso l’elemento soprannaturale sarà l’ingrediente principale della migliore narrativa, come lo è in questo romanzo di Jesmyn Ward, il secondo della “trilogia” di Bois Sauvage, che nulla ha da invidiare al celeberrimo “Salvare le ossa” che l’ha inaugurata.

Canta, spirito, canta di Jesmyn Ward

Del resto, sembra che cambiare secolo significhi progredire, e il progresso forse è utile, sicuramente è inevitabile, ma è freddo, talmente freddo da non poter fungere da incubatrice a una narrazione degna di questo nome, se non con l’aiuto di un elemento che faccia riferimento agli antichi giorni degli uomini. In poche parole, si va a frugare nella soffitta della notte dei tempi. Se poi dotti, medici e sapienti, in vena di capziosi quanto inutili distinguo, volessero tirare fuori la vecchia storia del Realismo Magico di esclusiva pertinenza latino-americana, li lasceremo andare a cercare adepti tra i re e le “regine del tua culpa”, e non ci abbasseremo a ribadire che la cultura afroamericana e latino-americana proprio nell’elemento magico affondano le radici e ritrovano la loro forza.

Forza.

E qui di forza ce n’è, e ce n’è fin troppa… ma può esistere troppa forza in letteratura, e soprattutto può essere un difetto? Quella della Ward è forza d’impatto narrativo, crudo realismo nel descrivere la violenza contro gli innocenti, animali o uomini che siano, tanto efficace da valerle ben due National Book Award. Non sottovalutate questo elemento, sarebbe un peccato comprare il libro, aprirlo e chiuderlo dopo una manciata di pagine, scioccati dall’incipit, sarebbe un peccato sia per voi sia per Jesmyn, la cui poetica, di cui sono ricche le pagine che seguono, andrebbe completamente sprecata.

Poetica.

Ce n’è molta di poetica nella figura patriarcale di Pop, ferito, ma mai spezzato, e neppure piegato dalla vita, in quella di Mam, cui il cancro non è riuscito a sottrarre la saggezza sciamanica con cui protegge la famiglia, ce n’è molta nel legame simbiotico tra Jojo e la sorellina Kayla, nella sensibilità con cui questo narratore tredicenne trascende umani limiti per dialogare con spiriti e animali, ma la poetica si sublima soprattutto negli spettri che sfuggono il tempo senza riuscire a sfuggire il razzismo, Given-non-Given e l’errante Richie, magici nella loro drammatica irrealtà, ma concreti nel delimitare un contesto storico, tanto scomodo quanto preciso, tanto esecrabile quanto attuale. C’è molta poetica, come c’è molto realismo negli altri personaggi che popolano l’anfetaminica odissea di Leonie, decisa a recuperare il padre di Jojo e di Kayla all’uscita di una delle carceri più tristemente note degli Stati Uniti.

Un invito, rischioso ma doveroso, a leggere questo romanzo che alterna tempi e voci narranti per regalare al lettore brutali pagine di straordinaria umanità.

Canta, spirito, canta” di Jesmyn Ward edizioni NN Editore. I libri di Riccardo

Riccardo Gavioso

Nasce a Torino nel 1959, dove si laurea in Giurisprudenza. Ma ormai incerto su chi fossero i buoni e i cattivi, e pur ritenendo il baratto una forma di scambio decisamente più evoluta del commercio, da allora è costretto a occuparsi di quest’ultimo. Inevitabile, quindi, che l’alienazione professionale lo spinga tra le braccia di una penna e che la relazione, pur tra alti e bassi, si protragga per diversi anni. Poi, deluso in egual misura da quel che si pubblica e da quel che non si pubblica, smette di scrivere narrativa e si occupa di giornalismo collaborando con diverse testate di rilievo e creando un blog che arriva a incuriosire diecimila lettori al giorno. Torna alla narrativa con Arpeggio Libero con cui pubblica attualmente. Ha ottenuto diversi riconoscimenti per i suoi racconti. Nel 1997 è stato finalista al Premio Internazionale di Narrativa “ Il Prione ”.

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