Dai casi letterari un recensore ha molto da perdere e pochissimo da guadagnare… cosa, a mio avviso, intrigante come poche altre.
Cambiare l’acqua ai fiori di Valérie Perrin
E chi ben conosce il sistema editoriale sa che, un volta tanto, non sto affatto scherzando…
Gli “oltralpi” cugini, però, hanno una tradizione di originalità e ardimento letterario, e da Romain Gary in avanti, ne fanno una questione d’Onore, o forse di Legion: eroine nascoste nelle pieghe della quotidianità, magari dietro ai vetri di una portineria, a tener d’occhio le cose di questo o di un altro mondo. Sì, il riferimento al famoso Riccio è voluto, e anche se la Barbery raccoglie consensi meno bulgari di quelli della Perrin, ci sono diversi pregi in comune tra i due romanzi e in entrambi abbondano personaggi bizzarri destinati a far copiose messi di lettori.
La signora Lelouch, sia detto senza alcuna malizia, viene dal cinema come fotografa di scena e in questo romanzo ci dà un saggio del suo notevole talento, trasformando la storia di Violette in una “silloge” di poetiche immagini in bianco e nero, i colori vivaci ben celati, a seconda delle stagioni, da un cappotto o da un impermeabile, e impreziosisce la “fabula” con un montaggio impeccabile, rapido e sorprendente, di taglio cinematografico, appunto.
Si cerca sempre un aggettivo acconcio, quello perfetto per definire il romanzo che a fine lettura ci rigiriamo ancora tra le mani… in questo caso potrebbe essere “frugale”, nel senso più elevato del termine, riferito alla capacità della protagonista di ritrovare la vita nei particolari e, per giustapposizione, nello scrutarne il senso in punta di piedi sull’orlo del “limen” supremo.
Sapete che parlo malvolentieri della trama, ma potrei dirvi che a una trama, per essere tale, è necessaria una sovrapposizione di fili, e che i fili di questo romanzo, altro non sono che le piccole storie, più o meno rilevanti, storie della grigia provincia francese, quelle un tempo colorate dal lapis di Simenon, storie d’amore, di morte, di morte dell’amore e d’amore nella morte, storie che s’incrociano, s’inseguono, divergono, ma inevitabilmente finiscono per avvilupparsi tra loro e avviluppare a loro il lettore.
Quanto al valore letterario, al genere o al mainstream, a qualche difettuccio che a volte fa capolino, mi pare capzioso tirar fuori il bilancino da farmacista per pesare un romanzo che riesce ad affabulare con garbo e a farsi ascoltare da così tante persone.
E poi, come si fa a non amare un libro che cita in continuazione “Le regole della casa del sidro”..
“Cambiare l’acqua ai fiori” di Valérie Perrin, edizioni E/O. I libri di Riccardo