Leggere con Gusto

“Nel nero degli abissi” di François Morlupi e la carbonara

L’abisso è in noi e fuori di noi, è il presentimento di ieri,

l’interrogativo di oggi, la certezza di domani.

(Emil Cioran)

L’omicidio di una giovane ragazza all’interno del parco romano di Villa Pamphili arriva come un fulmine a ciel sereno a scuotere l’atmosfera tranquilla del quartiere di Monteverde e del suo Commissariato, diretto da uno dei più goffi ma capaci commissari di carta: Biagio Maria Ansaldi. Questo efferato omicidio, al quale ne seguiranno altri, avviene a ridosso di un grande evento che avrà un’enorme ricaduta mediatica: il Consilium straordinario, riunione di ventisette Capi di Stato che si terrà a Roma a distanza di quindici giorni.

nel nero degli abissi morlupiÈ l’avvincente trama de’ “Nel nero degli abissi” di François Morlupi, edito da Salani ed uscito il 3 marzo, la seconda avventura investigativa dei Cinque di Monteverde, creati dalla penna e dalla fantasia dell’italo-francese: il Commissario Biagio Maria Ansaldi, impacciato, ipocondriaco, spesso bloccato da attacchi di ansia che limitano anche le sue capacità relazionali, affetto da un disturbo ossessivo-compulsivo per l’ordine (la sua scrivania ne sa qualcosa!); il suo vice, l’italo-francese Eugénie Loy definita dai colleghi “portatrice sana di infelicità; i Ringo Boys, l’agente di colore William Leoncini, atletico, ex latin lover perché ormai innamorato perso della sua Esthella, e Roberto Di Chiara, fuori forma a causa del suo mangiucchiare continuo, appassionato della squadra della Roma; l’ultima arrivata, l’affascinante, ambiziosa ma un po’ ambigua Eliana Alerami.

Già con il primo libro “Come delfini tra pescecani”, sempre edito da Salani, questa squadra un po’ eccentrica di poliziotti, esseri umani normali e non supereroi, aveva catturato numerosi lettori, tanto da vincere nel dicembre del 2021 il Premio dei Lettori per il miglior romanzo all’interno di uno dei Premi più prestigiosi per il genere giallo: il Premio Scerbanenco.

Siamo a inizio gennaio, le sette del mattino, il freddo è intenso (quindi per l’ipocondriaco Biagio Maria c’è grave pericolo di raffreddori, influenze e polmoniti). Ma il Commissario Ansaldi, convocato al Viminale insieme a tutti i Commissari della Capitale per tenere sotto controllo, durante i giorni del vertice, la sicurezza in città, si sente già ribollire di ansia, aumentata a dismisura dopo l’inaspettata richiesta da parte del Questore Loprieno di fargli da testimone di nozze, impegno che unitamente al vertice politico lo metterà profondamente sotto pressione. Nei giorni del Consilium, come riferisce il Questore, i politici pretendono che in città ci sia calma piatta: niente “prostituzione, droga, criminalità organizzata e compagnia bella”. E Ansaldi, messo a dura prova, non potrà non ricorrere spesso al flaconcino di Lorazepam che, per prudenza, tiene sempre in tasca!

nel nero degli abissi morlupiMa a due brutte notizie non può che seguirne una terza e “se c’è una possibilità che varie cose vadano male, quella che può arrecare il danno maggiore sarà la prima a farlo” (la legge di Murphy docet). Ansaldi aveva da poco rassicurato il Questore sul fatto che Monteverde “quartiere di anziani e di persone benestanti” sia una zona tranquilla di Roma quando, riacceso il cellulare, scoprirà che l’incubo è appena iniziato. Una donna è stata brutalmente uccisa a Villa Pamphili, parco che di notte si trasforma in luogo di prostituzione. Altro che calma piatta e nessun crimine prima e durante il Consilium…

In questa storia, molto più complessa di quanto possa apparire all’inizio, François Morlupi indaga gli abissi dell’animo umano e ci dimostra che il noir è solo un mezzo per raccontare altro, oltre all’indagine vera e propria. Il male, l’orrore risiedono dove non ce lo aspettiamo e ogni essere umano, sembra dirci Morlupi, contiene in sé una parte totalmente oscura: rabbia, odio, vendetta, vecchie ferite che, in alcuni casi, possono condurre a compiere feroci reati.

nel nero degli abissi morlupiIl romanzo è diviso in capitoli, che corrispondono agli otto giorni dell’indagine. E alla fine di ogni capitolo, e quindi di ogni giornata, lo scrittore ci permette di addentrarci nella vita personale dei Cinque di Monteverde, anch’essi con i propri abissi interiori, anche se non sfociano in atti criminali. Ma in questa nuova indagine il lettore scoprirà che proprio tra i cinque esiste “una variabile impazzita, una mina vagante”: sarà una vera e propria anima nera?

Nel nero degli abissi” è una storia avvincente con personaggi ben costruiti che cominciano a dimostrare segni di rinascita personale, un noir ben scritto nel quale il ritmo non cala mai e che costringe il lettore – che può deliziarsi in un mix di suspense ed ironia ben in equilibrio tra loro – a voltare pagina con sempre maggiore curiosità. Quasi 500 pagine nella quali non ci annoia mai e durante le quali ci accorgiamo che ognuno di noi possiede una parte oscura. Ma se ci comporteremo come i “delfini”, uniti dalla forza del gruppo, usciremo sempre fuori dal nero degli abissi.

Io rinnovo il mio invito alla Rai: i Cinque sono pronti e ormai maturi per una fiction TV.

Nel nero degli abissi – Un’indagine per i cinque di Monteverde di François Morlupi, Salani, 2022, pagine 465, costo 16 euro

Intervista esclusiva al Commissario Biagio Maria Ansaldi

Quando a dicembre ho scritto della prima avventura dei 5 di Monteverde – Come delfini tra pescecani – vi ho raccontato dei gusti gastronomici del Commissario Ansaldi. Ho scoperto che l’uomo, Biagio Maria, è parecchio goloso (d’altronde, si sa, il cibo placa l’ansia!): adora la pizza bianca con cicoria e salsiccia, il casatiello, la pasta all’amatriciana e non disdegna la cucina francese più ricercata. Ma il suo piatto preferito è la carbonara. Prima di passare a darvi la ricetta di questo piatto romano famoso in tutto il mondo, vi regalo una chicca: la mia recente, esclusiva intervista al Commissario di carta più adorabile e più timido.

Ansaldi, dove va a mangiare la carbonara?

Quando sono a Monteverde e quando riesco a ritagliarmi una breve pausa pranzo vado da “Gino al villino”. Invece la sera, se sono in forma mi dirigo allo “Scopettaro” a Trastevere: da buon romano, non posso non recarmi nel cuore pulsante della Capitale.

Ama la carbonara anche in quanto piatto romano o perché è…goloso?

Perché sono romano ed è un modo, come Proust con la sua madeleine, di ricordare anche la mia infanzia e le persone da me tanto amate.

Qualche altro locale preferito?

“Vecchia Roma” vicino piazza Vittorio Emanuele II, lo stesso “coup de coeur” di Leoncini! Anche perché in questo ristorante posso mangiare la mia amata amatriciana (dopo la carbonara, è il mio piatto preferito) e la coda alla vaccinara, ritrovando gli stessi ingredienti di quella cucinata dall’amata madre.

Preferisce, lavoro permettendo, andarci a pranzo o a cena?

Nel fine settimana, il sabato o la domenica, rigorosamente a pranzo. Rispetto alla sera, c’è meno gente e mi sento più a suo agio, quasi come se fossi in famiglia (quella di origine, dal momento che vivo in compagnia del mio amato cane Chagall) e posso riassaporare con calma i vecchi sapori e profumi della cucina tipica romana. In quelle occasioni, i ricordi dei miei nonni riaffiorano ogni volta.

Ama la carbonara anche in quanto piatto romano o perché è…goloso?

Perché sono romano ed è un modo, come Proust con la sua madeleine, di ricordare anche la mia infanzia e le persone da me tanto amate.

Ha qualche piccolo aneddoto sul cibo o proprio sulla carbonara?

Come al mio creatore – François Morlupi, al quale devo gratitudine eterna – mi ha sempre affascinato l’origine della carbonara. C’è chi racconta sia nata nella Seconda Guerra Mondiale grazie ai soldati americani e all’inventiva del cuoco bolognese Gualandi; chi, invece, sostiene sia nata in Abruzzo dai carbonai (da qui il nome “carbonara”). Questa incertezza offre, secondo me e secondo il mio ormai amico François, un fascino ancor più particolare al piatto romano rendendolo leggenda.

Leggendo la sua recente indagine nel libro “Nel nero degli abissi”, deduco che preferisca il carciofo alla romana (quindi il classico ripieno di mentuccia) a quello alla giudia: mi sbaglio?

Esatto, quello alla giudia essendo fritto preferisco evitarlo. Come saprà, essendo una mia affezionata lettrice (come faccio ad avere questa informazione? Sono o non sono un capace Commissario?), ho problemi di digestione e temo i miei attacchi di mal di stomaco, sebbene il mio prezioso Gaviscon mi accompagni ovunque. Ma – ormai tutti i miei fedeli lettori lo avranno compreso – ho molto spesso paura della paura. Pertanto, non amo troppo sfidare il destino.

Ansaldi, lei ha sempre vissuto a Monteverde o prima che la assegnassero in quel Commissariato viveva in un altro quartiere di Roma? 

Ho sempre vissuto a Monteverde, un monteverdino doc direi! Prima abitava a Monteverde vecchio, quando viveva con la sua famiglia, poi per motivi economici, si è spostato a Monteverde nuovo. 

La ricetta della pasta alla carbonara

Ingredienti (per 4 persone):

400 g pasta (spaghetti, rigatoni o mezze maniche); 280 g di guanciale; 200 g di pecorino romano DOP; 5 tuorli (media grandezza); pepe nero q.b.

Preparazione:

È nata come piatto povero della cucina romana con gli ingredienti che si avevano a disposizione, quindi le uova, il formaggio e il guanciale. Anticamente veniva preparata con le uova intere, con il tempo la ricetta è stata affinata e si utilizzando solo i tuorli.

Il conteggio delle uova è di 1 tuorlo medio a commensale + 1 tuorlo extra. Quindi se siete in 4, vi serviranno 5 tuorli. Se siete in 2, solo 3 tuorli! Per avere una bella crema gialla, utilizzate uova a pasta gialla, ma, ovviamente non è indispensabile. Per il pepe, sarebbe meglio utilizzare quello nero in grani, macinato al momento, che conferirà tutto l’aroma.

Per prima cosa, mettete a scaldare una pentola di acqua. Di sale ne basta poco, dal momento che il pecorino è già molto saporito. Quando avrà raggiunto il bollore, lessate la pasta che avrete scelto: spaghetti o, meglio, rigatoni o mezze maniche.

Prendete il guanciale, eliminate la cotenna, tagliatelo a listarelle piuttosto spesse, di circa mezzo centimetro. Lasciatelo sfrigolare in una padella, a fuoco moderato, finché la parte grassa non diventerà trasparente (non serve aggiungere olio, dato che cuocerà nel suo grasso). Versate il grasso all’interno di una scodella. Rimettete il guanciale sul fuoco per pochi minuti per renderlo croccante. Poi spegnete la fiamma e conservate il guanciale a parte.

Mettete i 5 tuorli in una scodella, unite il pecorino (tenendone due cucchiai per la decorazione) e una spolverata di pepe nero macinato al momento. Amalgamate brevemente con una spatola. Unite il grasso del guanciale precedentemente messo da parte, al fine di rendere il composto di tuorli cremoso, denso e vellutato.

Prima di scolare la pasta, tenete da parte un bicchiere di acqua di cottura. Scolare la pasta e versarla nella padella dove avete cotto il guanciale, unite la crema di tuorli e pecorino e un mestolino di acqua di cottura. Mescolate molto bene per far amalgamare il tutto. Se fosse necessario, unite ancora acqua. Questa operazione andrà fatta rigorosamente a fuoco spento!

Quando la pasta alla carbonara sarà diventata super cremosa (ma non liquida), grazie al calore della pasta e agli amidi contenuti nell’acqua, unite il guanciale (tenendo qualche listarella per la decorazione), amalgamate brevemente e servite nei piatti. Decorate con una spolverata di pecorino e ancora un po’ di pepe.

Leggere con Gusto, la rubrica che parla di libri e cibo. 

Michela Scomazzon Galdi

Michela Scomazzon Galdi, giornalista pubblicista iscritta all’Ordine dei Giornalisti del Lazio, mi occupo da oltre 20 anni di comunicazione e organizzazioni eventi nel settore della cultura. In anni più recenti ho scelto di lavorare “per le donne e con le donne” e aiuto le artiste, in particolare quelle emergenti, a promuovere le loro opere e i loro progetti (libri, mostre d’arte, piccoli festival di cinema ecc.) attraverso il supporto di una comunicazione a colori per contribuire insieme a diffondere bellezza nel mondo. Ho lavorato tanti anni per il Dialogo interculturale, anche attraverso un Festival di cinema e cultura ebraica da me ideato e del quale sono stata Direttrice artistica e organizzativa per 10 anni. Pasionaria, salvata dai libri, leggo, scrivo, fotografo (soprattutto la mia amata Roma), adotto meticci e sperimento ricette di cucina. Le mie parole guida nella professione? Cultura, Bellezza, Donne, Diritti, Colori. Il mio mantra professionale e di vita? Mettici più cuore e meno cervello.

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