I libri di Marco

“Meglio l’assenza” di Edurne Portela: recensione libro

Un padre violento non è un ricordo lontano, non è una foto sbiadita in bianco e nero nell’album di famiglia. Non è nemmeno la scatola degli oggetti che riponi nell’armadio bensì il vestito che indossi tutti i giorni. Sempre lo stesso. È una macchia indelebile, un marchio a fuoco, una ferita che non si rimargina e che sanguina come il primo giorno.

Meglio l’assenza, un libro che fa male

Non sono le botte a fare male ma l’umiliazione e il dolore che ti procura chi invece ti dovrebbe proteggere. È lo smarrimento totale, il non riuscire a capire e a spiegarsi il perché. È la rabbia che arriva dopo come un fiume in piena per il quale non possono esistere dighe sufficientemente resistenti. È quel cammino di autodistruzione che viene inesorabilmente tracciato e dal quale è pressoché impossibile deragliare.

Meglio l’assenza è un libro che fa male. Fisicamente male. Ogni botta ogni percossa la senti sulla pelle come una frustata che lascia un marchio che ti porti addosso per parecchio tempo. Un macigno che ti piega le gambe fino a quasi spezzarle, un peso talmente doloroso che ti toglie il fiato. Un fardello che ti trascini dietro e che non vedi l’ora di affidare a qualcun altro come il testimone in una corsa che porta dritto al precipizio.

Dolore sì, ma anche bellezza

meglio l'assenza edurne portelaIn meglio l’assenza c’è tanto dolore ma c’è anche tanta bellezza, quasi come se il binomio fosse imprescindibile. Il tipo di bellezza che fa male e che ferisce, come quando vedi una bella donna e sai che non è alla tua portata perché quel poco che sei non può ambire a tanto, come quando conosci quel qualcuno e sai che per te è sempre troppo tardi, come il film di tutte le opportunità mancate dove a te non restano che i titoli di coda.

La bellezza di una scrittura scorrevole che ti tiene incollato alla pagina. La bellezza di una struttura narrativa impeccabile, quasi chirurgica nella sua capacità di andare a toccare i punti che fanno più male.

Una delle cose che più mi ha colpito di questo libro è il modo in cui l’autrice racconta questa storia. Una narrazione in prima persona che parte dall’età di sei anni e che prosegue di anno in anno, di diapositiva in diapositiva, dove in modo impercettibile la scrittura si modula al proseguire dell’età della protagonista, partendo da una scrittura fatta di frasi brevi semplici e ingenue per arrivare all’adolescenza con una scrittura più consapevole strutturata e intrisa di rabbia.

Con meglio l’assenza la Portela ci consegna non soltanto un’opera importante e straordinaria ma una vera e propria lezione di vita. Ovvero che è solo attraverso il dolore che più possiamo vedere e apprezzare la bellezza delle semplici cose.

“Meglio l’assenza” di Edurne Portela, Edizioni Lindau. I libri di Marco. 

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