Gli spazi sono delle conquiste. A volte, diventano condanne. Non ha importanza dove sei, lo spazio ti soffoca. È il luogo dove non riesci a far evaporare i ricordi. Restano, si attaccano nella mente e nell’aria che respiri. La casa ha una sua liturgia e l’atmosfera riporta lo stato d’animo di chi la abita. Nei dettagli si nascondono le fragilità, le mancanze e le attenzioni. Sono anche i luoghi a dirci chi siamo, cosa abbiamo costruito.
Si può cambiare casa, anche spesso, ma nel luogo in cui si decide di vivere, pur temporaneamente, c’è una storia da assorbire. Non è facile cogliere le narrazioni che vengono dal passato perché sono la base sulla quale poggiano i colori della propria esistenza. Si possono dimenticare gli screzi, lasciar perdere le cose inutili, ma i ricordi, che formano l’asse su cui poggiano le scelte e le condotte di vita, sono un patrimonio che condiziona e ispira i pensieri. E quando questi si fanno aridi perché si sgonfiano di amore si perde addirittura il centro degli obiettivi fondamentali da tenere a mente.
In Ovunque andrò di Piera Carlomagno entri in due storie in una. A Pechino, in un Hotel di lusso, qualcuno dietro i vetri della propria camera vede volare una grossa sagoma nera. È il corpo dell’imprenditore Raniero Monforti. Cosa è successo e di cosa si tratta, di suicidio o di omicidio? La prima sospettata è la moglie, Tania. Ora lei, dopo due anni, attende la sentenza. Nella notte ricostruisce, ad un uditorio immaginario, la storia di una morte forse annunciata. Tutta la storia, fin dall’inizio: perché la verità arriva da molto lontano. È il 1935 quando il paese di Castrappeso viene tagliato in due da una frana che ha diviso a metà il palazzo Di Salvia segnando così il destino degli antenati di Tania. I personaggi che ne fanno parte hanno costruito una dinastia e una fabbrica di pellami di successo, nella remota Basilicata. Tania è l’ultima erede di un possente patrimonio e suo marito ne è stato il custode e il traghettatore dell’azienda nell’era della globalizzazione e nell’Oriente ricco di misteri.
Il romanzo è bellissimo. La narrazione è carica di suspense, è avvolta nel giallo internazionale. Vanta però anche la storia di una saga famigliare lucana scritta in modo ineccepibile. La scrittura ha il ritmo giusto, è incalzante e sorprendente per la sua bellezza.
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“Ovunque andrò” di Piera Carlomagno, edizioni Solferino. Dream Book.