“Che cosa fa la gente tutto il giorno?” di Peter Cameron: recensione libro

Capita talvolta a un lettore di non avere voglia di essere rapito da una storia il cui racconto occupa centinaia di pagine. Capita che voglia essere folgorato da storie brevi e intense, che sappiano letteralmente dare la scossa. Questa è la capacità che un buon racconto deve avere secondo Peter Cameron, autore di CHE COSA FA LA GENTE TUTTO IL GIORNO?, raccolta di dodici racconti scritti tra il 1980 e il 2014, appena pubblicata da Adelphi con la traduzione della sempre magistrale Giuseppina Oneto. Questo è il motivo per cui io sono innamorata della sua scrittura, della sua maestria nel colpirmi nella mente, nel cuore, nella pancia ogni volta che lo leggo.

Che cosa fa la gente tutto il giorno

Le dodici storie in parte pubblicate in riviste americane sono ognuna una risposta possibile al titolo di questo libro: Peter Cameron scrive di persone e di relazioni tra le persone, diverse per età, condizione, luoghi dove vivono, situazioni che affrontano. Ne scrive perché le osserva da sempre, in modo empatico, cercando di capirle senza giudicarle mai. Si mette “nei panni di”, e così “ci mette nei panni di”. O, meglio, leggendolo, capiamo che scrive proprio di noi, delle nostre vite, fragilità, complessità e comunanza nella diversità.

Del conoscere sé stessi e le persone con cui ci si relaziona, andando oltre la superficie, con la stessa atmosfera suggerita dalla incantevole copertina  raffigurante un’ombra cinese, scarto tra la posa e quanto viene proiettato  (Shadow Fox, Ben McLaughlin).

I momenti di passaggio

I momenti migliori per comprendere la natura umana sono quelli di passaggio: così i protagonisti sono ex, sopravvissuti alla morte di amici o di propri cari, cani da tenere nascosti, amori non sincroni che impongono scelte drastiche, donne che devono reinventarsi una vita perché scoprono di non avere più una casa, adolescenti moralmente più saldi degli adulti cui si rapportano.

Il finale perfetto

Ogni racconto induce a immedesimarsi, ogni racconto ha la giusta intensità nella sua brevità, sempre con un finale che non potrebbe essere diverso, senza però essere esaustivo: il lettore non si sente forzato da esso e può riempire con il suo sentire lo spazio abilmente lasciatogli.

«Normalmente non mi fermerei mai a guardare qualcuno che dorme sulla spiaggia, ma quando lo avevo conosciuto non mi ero comportato normalmente, ed è questo il modo in cui ci s’innamora: non essendo sé stessi, oppure essendolo troppo, o ancora lasciandosi andare, e io avevo fatto una di queste cose o forse tutte e tre insieme.»

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Che cosa fa la gente tutto il giorno?” di Peter CameronAdelphi. A Garamond Type.

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