Le interviste agli autori: Giselle Lucía Navarro – Cuba [Video]

La giovane età non inganni: Giselle Lucía Navarro è una delle voci poetiche più interessanti del panorama latinoamericano. Nata a Cuba nel 1995, Giselle Lucía ha ricevuto già due importantissimi riconoscimenti: il Premio La Edad de Oro di poesia nel 2018, e il Premio David nel 2019. A luglio del 2021 è uscito in Italia il suo primo libro di poesie: Criogenia, pubblicato dalla casa editrice Ensemble. Di seguito potete leggere l’intervista alla giovane poetessa cubana. (la versión en español en la página siguiente). 

Intervista a Giselle Lucía Navarro, autrice del libro Criogenia, edizioni Ensemble

Criogenia è un libro molto intimo, personale, nel quale attraverso la poesia si toccano le corde del dolore. Congelare un corpo umano diventa dunque un esercizio di protezione?

È veramente possibile congelare un corpo umano? Quanta umanità rimane al di là della sopravvivenza? Sopravvivere è un atto di valore o di paura, un istinto o una rassegnazione? Criogenia è un libro che si sostiene sull’ambiguità, nulla è esattamente come sembra. La sua naturalezza risiede nella complessità delle cose semplici, quasi come una provocazione: è concepito per essere apprezzato nella sua totalità piuttosto che nelle sue singole parti, come una somma matematica. Diciamo che Criogenia è nato come una performance di scrittura in cui ho ricostruito la mia intimità per un tempo e un periodo determinato, durante il quale era necessario praticare un esercizio catartico di protezione, andando anche contro me stessa, con la sfida di semplificare la parola fino a eliminare qualsiasi metafora o tipo di linguaggio articolato. Trasformare la poesia in un atto intimo che anziché inoculare immagini e sentimenti nei lettori consentisse loro di crearseli.

Una raccolta di poesie che ha una struttura abbastanza peculiare: mediante le poesie che hanno la forma di organi si va formando il corpo di una donna, che sembra nascere dopo un lungo parto, doloroso ma necessario. Chi è questa donna e da dove nasce?

La mia pazzia è sacra, non la tocchi nessuno, disse Dalí. Dove non esiste fine non c’è principio, e ciò che viene nascosto rivela più di quello che viene mostrato. Ogni donna ha dentro di sé molte donne, anche altri esseri. Il corpo del libro è una struttura androgena che tende a pendere di più verso il genere femminile. Potrei descrivermi o annullarmi. È questo il punto in cui nascono questi testi, che partono dallo spazio corporeo, dove ogni organo si associa a una parte del carattere o della coscienza dell’individuo. Un essere giudicato attraverso la memoria e l’oblio, attraverso le cose effimere e soggettive, il dolore, ma sempre con uno spiraglio di luce. In queste pagine c’è molto della donna che sono e che sono stata, ma non era mia intenzione rivelarmi, piuttosto voglio che le lettrici e i lettori vedano se stessi mentre leggono le poesie.

C’è un elemento ricorrente nei versi, il proiettile. Che può uccidere, ma anche curare l’animo umano. Cosa simbolizza per te e in che modo il proiettile può curare?

È una domanda che mi rivolgono spesso quando parlo di questo libro, ma alla quale non finisco mai di rispondere. La risposta definitiva risiede nel libro che segue Criogenia, che ho finito di scrivere nel 2020. Mi piace tessere la poesia inseguendo la continuità, perché la poesia è ciò che precede e che rimane di noi quando non ci saremo più, qualcosa che trascende della nostra condizione umana. I miei libri non sono strutture isolate, ma parti di me che quando toccano l’aria smettono di appartenermi. Pertanto quel significato si riesce a raggiungere leggendo tutta l’opera dell’autore, non un solo libro. Uno dei significati di quel proiettile potrebbe appunto essere la continuità, presenza costante nei miei atti creativi, che presuppongono concatenamento, macerazione, distacco, un gesto in sé doloroso, assurdo, purificatore.

Un altro tema ricorrente nei versi è la morte, che a volte appare necessaria, ma che non è necessariamente sinonimo di punto finale. È possibile rinascere dalle proprie ceneri perché i passi falsi e la distruzione non significano sempre sconfitta, ma possono formare parte di un processo di ricostruzione che serve per imparare e crescere. Dunque qui entra in gioco il modo di porsi e la forma in cui si reagisce davanti a questi eventi negativi che possono rivelarsi addirittura positivi?

Il tema escatologico è presente in quasi tutti i miei libri. Per me l’atto di morire ha troppi significati e volti diversi. È una sindrome del mistero, del quale non avremo mai una sola verità possibile in mano. Torno sempre al momento in cui la respirazione può interrompersi, quel momento di asfissia segna un limite o lo rompe, è qualcosa che inseguo durante i miei processi creativi, quei momenti di asfissia, ciò che è ambiguo, terribilmente sottile e semplice. C’è molta vita nella morte.

Nei tuoi versi menzioni la tua famiglia, che appare come una colonna che sostiene questa donna che va formandosi. Che ruolo ha avuto nella tua vita?

Chi dimentica le sue radici e le sue origini finisce per fallire. La famiglia è sempre il punto di inizio, anche quando si è orfani, perché si continua ad avere un’impronta relativa alla semplice generazione. Mi piace parlare di loro sempre al presente, nonostante la vita sia una continua metamorfosi. Mi sono nutrita delle presenze e delle assenze, perché hanno lasciato il segno sulle radici di cui parlo nella mia opera. Nei miei lavori, anche nel disegno, parlo molto di me, in modo reale o fittizio, soprattutto per creare una cornice e aiutare a generare una prospettiva. La famiglia dei miei libri non è sempre quella del cromosoma, anche se esistono punti di contatto che vesto e svesto con la parola, ma sempre dal punto di vista dell’amore. Credo che non sia facile e può essere anche complicato a volte gestire i miei istinti creativi, che sono in costante movimento, ma il ringraziamento è infinito, perché la famiglia ti sostiene, anche quando non ti capisce, è un albero sacro.

In Miocardio parli della semplicità. Racconto sempre che l’eredità che ha lasciato la mia breve esperienza di vita all’Avana è stato esattamente questo: imparare a dare valore alle piccole cose, perché la semplicità è qualcosa di importante in questo mondo che corre molto velocemente. Ti chiedo, dunque, cosa è per te la semplicità? Credi che stiamo perdendo la capacità di capirne l’importanza?

Nel periodo in cui ho scritto Criogenia avevo già cinque quaderni di poesia nascosti nel cassetto, due romanzi per bambini e tre saggi. Avevo 22 anni ed ero molto delusa dal mondo letterario, forse perché lo avevo assaporato con troppo anticipo, e ogni eccesso porta le sue conseguenze. Esistevano strutture sociali costruite intorno al fenomeno corporativo degli scrittori con i quali non mi identificavo e non mi identifico. Ho smesso di inviare le mie opere ai concorsi e sono stata cinque anni senza partecipare agli eventi, godendomi semplicemente l’atto di creare in silenzio. A Cuba i premi letterari sono spesso la porta che ti collega al mondo editoriale, e un autore scrive per necessità spirituale, ovvero per comunicare ciò che scrive. Non ho mai pensato di pubblicare questo libro, ma poco prima di finire la mia tesi di laurea ho detto: “perché no?”. E l’ho consegnato quello stesso giorno. Un rischio, ma l’istinto fa fare queste scelte, e finora non me ne sono pentita. Con Criogenia ho fatto qualcosa di diverso nella mia opera, cioè provare a guardare da un’altra parte. La semplicità abita sempre nel cuore di chi non si lascia distruggere, di chi resiste, negli esseri che conservano la sensibilità perché hanno scoperto in tempo che è il motore che ci mantiene vivi su questo pianeta. Non vogliamo vivere in un mondo deserto, per questo è necessario comprendere la diversità di pensiero, di atteggiamento, di emozioni. Un artista deve contaminarsi con ciò che è intorno a lui, ma conservando ciò che è puro. Chi lavora con le parole, con il pensiero, ha bisogno di umiltà, semplicità, tolleranza, sensibilità, tempo di meditazione e, soprattutto, di allenare la sua capacità di equilibrio e di coerenza tra tutte queste cose. Viviamo in un mondo spumeggiante, bulimico, profondamente mimetico, che ha bisogno di cambiamenti, trascendenze, evoluzioni, ma non credo che abbiamo perso la capacità di percepire la semplicità: fino a che saremo esseri umani la porteremo dentro, ciò di cui abbiamo più bisogno è tornare a percepire noi stessi, guardarci dentro, fermarci per poi riprendere a camminare.

 

Nella tua poesia si può apprezzare un linguaggio diretto, semplice, molto efficace. Non cerchi esercizi di stile, tantomeno strutture complesse. La sensazione è che queste poesie siano uscite direttamente dal cuore. In una di queste definisci la poesia come “maschera, bandiera, arma”. In un’altra confessi che smettere di scrivere significherebbe perdersi per sempre. Ti chiedo: che significa per te scrivere poesia? Dove mira la tua poesia?

Criogenia potrebbe essere caratterizzato da questo linguaggio diretto e semplice, ma è una finestra diversa rispetto agli altri libri. Hanno pochi punti in comune, sono pieni di contrasti, soprattutto gli scritti in decima, dove la metafora è più palpabile ed esplosiva, senza arrivare a essere una scrittura barocca. Se sono efficaci o meno lo dirà il tempo. In questo libro, come nel disegno, “meno è di più”. Costruire la parola, congelata, nuda, come se liberasse ognuno dei suoi volti e ogni verso avesse nascosti altri significati rispetto alla frase esplicita: questo suppone un altro livello di complessità, richiede un altro tipo di sensibilità da parte del lettore affinché il messaggio arrivi. Lo scrittore si assume il rischio e questa, in particolare, è una delle cose che amo della scrittura, dell’arte, della vita: che non siano mai terreni sicuri, che richiedano al lettore ogni istante della sua respirazione e della sua energia. Ho iniziato a scrivere da giovanissima, e molte volte mi sono sentita stanca, esausta, ma quegli stati d’animo, quella morsa di emozioni caotiche fanno parte della creazione, se non esistessero la scrittura sarebbe qualcosa di artificiale e i libri non nascono dalle macchine, bensì sono atti umani, fatti a immagine e somiglianza dei loro creatori, pieni di virtù e difetti. Per me scrivere (l’atto di partorire l’idea) è sempre equilibrio, travaglio, connessione con la mia naturalezza umana e l’universo, una fonte di energia inesauribile. La poesia come veicolo di pace, che ci permette di riflettere sulle interiorità dell’animo umano, sulle sue bellezze e crudeltà. È l’arma con la quale trasformo la parola, nello scritto o nelle arti visuali, per arrivare agli altri. Scrivo per l’essere umano, miro al suo cuore. Voglio che le mie poesie arrivino al suo cuore e non solo alla testa, perché quelle che arrivano al cuore ti cambiano la vita. Per me la poesia non è intrattenimento, è una cosa molto seria, come una missione. La parola è sempre ossigeno, e desidero che penetri come un proiettile, un proiettile che curi e faccia risvegliare, che permetta alla persona di guardare a fondo se stessa. Non importa se poi dimentica la poesia, ciò che mi interessa è che la mia parola abbia seminato in quella persona la sensibilità che ci permette di cambiare il mondo.

Abbiamo parlato di linguaggio semplice, ma le parole hanno un peso, un valore importante. In Genitale e Utero scrivi “considero tutto il peso che possiede la parola”. Un famoso regista italiano, Nanni Moretti, in un film del 1989 (Palombella rossa) disse che “le parole sono importanti”. Che peso ha la parola nel nostro mondo attuale, dove anche grazie alle reti sociali siamo soggetti ogni giorno a una pioggia di informazioni? Credi che siamo coscienti dell’importanza che riveste la parola?

La parola ha la stessa importanza che diamo alla vita, perché la nostra natura umana non può sopravvivere senza. Dire una parola e capire tutte le possibili forme di espressione del linguaggio scritto, verbale, corporale. Il linguaggio è la base dei nostri pensieri, della nostra crescita, pertanto è come un organo del corpo. Il suo peso è quasi sempre lo stesso, ciò che cambia è la direzione, la semiotica, la sensazione. Quella pioggia di informazioni ci schiaccia quando non sappiamo mantenere l’equilibrio, perché il nostro cervello funziona di più come spugna che come filtro. Le reti sociali non costituiscono un fenomeno negativo, anzi, possiedono molto vantaggi, e quello principale è che suppongono una sfida per il cervello, l’espressione, la comunicazione, ovvero la sfida di essere sempre più umani in questa altra realtà. La questione se siamo coscienti o meno di questa importanza che ha la parola nella nostra società dipende sempre dai ritmi con cui gestiamo la nostra vita. Uno può non essere cosciente di qualcosa e farlo per inerzia. L’alienazione, l’ignoranza, la saturazione formano parte allo stesso tempo di questo metabolismo mentale di cui abbiamo bisogno per evolvere.

Come entra Cuba e la vita cubana nella tua poesia?

Nella mia scrittura è molto presente, probabilmente in un modo atipico e sottile, non tanto per quanto riguarda i luoghi o i sentimenti. Nei miei romanzi per bambini c’è molto della mia infanzia vissuta qui a Cuba e quella che osservo ogni giorno per le strade. Mi piace camminare da sola per la città, scoprirla in silenzio e osservare ciò che nessuno si sofferma a guardare, togliere la polvere e ridargli luce. Forse questo aspetto emerge in modo più deciso nel mio libro di poesie La Habana me pide una misa, pubblicato dalle edizioni Extramuros. Anche se il mio concetto di Paese e Nazione è diverso dal solito, la terra in cui uno nasce e cresce fa parte della struttura corporale che sostiene. Ho un benedetto vantaggio di discendere da emigrati, quindi porto dentro nel mio spirito altri incroci, un miscuglio di cui sono grata. Ma il mio Paese è sacro, e fluisce come quel mare che contemplo ogni giorno e che sta dappertutto. Cuba non entra né esce, Cuba è parte di me e viaggerà con me eternamente nel modo in cui crescerò.

So che sei un’amante della cultura italiana (e che studi italiano). Credi che in qualche modo la cultura italiana abbia influenzato il tuo stile di scrittura? Chi sono i tuoi autori preferiti?

Sono arrivata alla cultura italiana in modo casuale. Sono molto istintiva e l’istinto è l’unica logica che mi guida. È difficile descrivere il mio vincolo con l’Italia in poche parole, perché è una questione di energia che proviene da diversi stimoli. Ricordo che avevo sette, otto anni ed ero a uno spettacolo al teatro García Lorca (l’attuale Alicia Alonso), perché a quei tempi ballavo. Arrivai molto presto e ci imbattemmo in un gruppo di studenti di lirica che stavano provando la messa in scena di un’opera, non saprei dirti quale. So solo che per una settimana intera mi ritrovai a ripetere quelle strofe e così ogni volta che leggevo qualcosa in italiano c’era qualcosa dentro di me che si smuoveva. Oltretutto a casa mia vedevamo molto cinema del neorealismo e mio zio aveva molti libri d’arte in italiano. Qualche anno dopo iniziai i miei studi nella Società Dante Alighieri. Per quanto riguarda i libri, fin da piccola ho letto i classici di sempre e altri con i quali mi identificai finanche troppo. Di poesia Quasimodo, Ungaretti, Pavese, Alda Merini, Pasolini… sono i nomi che figurano tra i libri a cui ritorno sempre. Non c’è un preferito tra questi. Ora sto cercando di migliorare la lingua, voglio leggere i testi originali, non traduzioni. A Cuba è difficile trovare libri in italiano nelle librerie, ma un modo si trova sempre. Dall’altra parte c’è il design product e la moda, che hanno costruito la mia visione come disegnatrice. Ci sono molti autori che hanno segnato il mio modo di concepire la creazione fin dal processo in situ. Anche per quanto riguarda la figura della donna nelle arti plastiche: per esempio Artemisia Gentileschi e Sofonisba Anguissola, nomi che compaiono a volte nei miei testi e ai quali ho dedicato alcuni articoli. Nei giorni dell’adolescenza il libro del Vasari era sempre nella mia testa. Lo scorso anno è nato il progetto Poeti in Parallelo, Poesia e comunità, di cui sono curatrice e direttrice artistica, ed è una sorta di abbraccio poetico tra i nostri due paesi, dal quale sono nati e nasceranno frutti meravigliosi. Ho conosciuto persone speciali di diverse regioni della penisola, e sebbene è certo che quasi la maggior parte dei giovani che “civettano” con il mezzo artistico hanno guardato all’Italia con uno sguardo di stupore, personalmente l’Italia che vorrei scoprire non è quella che esportano i libri turistici, bensì quella di cui si parla poco: le pietre che raccontano la storia mediante le loro crepe, le strade e i balconi dimenticati dove è rimasta l’infanzia, dove gli anziani si affacciano per stendere le lenzuola (come all’Avana), mentre parlano tra di loro lingue antiche. Un Paese si scopre sempre attraverso le sue zone dimenticate. Insomma, puoi immaginare fino a che punto mi abbia influenzato la cultura italiana. Criogenia, per quei misteri che nasconde la vita, è arrivata per prima al pubblico italiano. A Cuba sarà pubblicata dalle edizioni Unión, della Uneac. Non posso smettere di ringraziare te, Daniel, Matteo e le Edizioni Ensemble per questo incrocio di energie, perché mi sono goduta immensamente l’intero processo di traduzione e la nuova nascita di questa opera, soprattutto in tempi difficili come quelli che stiamo vivendo, in cui ogni piccolo dettaglio acquisisce un altro significato e torniamo ad aprire gli occhi alle cose che hanno veramente importanza. È questo che amo della creazione, che ogni progetto è un piccolo seme. La poesia potrebbe essere semplicemente questo gesto energetico e umano che viaggia da uno spirito all’altro facendo luce.

Giselle Lucia Navarro (Cuba, 1995)

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Le interviste di The BookAdvisor

Criogenia es un libro muy íntimo, personal, en el que a través de las poesías se tocan las cuerdas del dolor. ¿Congelar el cuerpo humano se convierte entonces en un ejercicio de protección?

¿Realmente es posible congelar el cuerpo humano? ¿Cuánto de humanidad queda más allá del acto de la supervivencia? ¿Subsistir es un gesto de valor o miedo, un instinto o una dimisión? Criogenia es un libro que se sostiene sobre el gesto de la ambigüedad. En él nada es exactamente lo que parece. Su naturaleza va en la complejidad de lo simple, casi como una provocación, concebido para apreciarse en su totalidad, más que es sus partes, como una suma matemática. Digamos que Criogenia nació casi como un performance escritural donde la poeta reconstruye el interior, por un tiempo y en un período de fechas determinado donde se debía practicar el ejercicio de catarsis como protección, y en contra de sí misma, bajo el reto de simplificar la palabra hasta que casi no quedase nada de metáfora ni lenguaje rebuscado en ella. Hacer de la poesía un acto íntimo que, más que inocular imágenes y sentimientos dentro del lector, le provocase crearlos.

Un poemario que tiene una estructura bastante peculiar: a través de poemas que tienen forma de órganos va surgiendo el cuerpo de una mujer, que es como si naciera después de un parto largo, doloroso pero necesario. ¿Quién es esta mujer y de dónde nace?

Mi locura es sagrada, no la toquen, como dijese Dalí. Donde no existe final tampoco hay principio, y aquello que se oculta dice más que lo que se muestra. Cada mujer tiene dentro de sí muchas mujeres, incluso otros seres. El cuerpo del libro es una estructura andrógina que suele inclinarse más a lo femenino. Podría describirme o anularme. Es ese el punto de peligro desde el que nacen estos textos, partidos en el espacio corporal, donde cada órgano se asocia a un parte del carácter o la conciencia del individuo. Un ser juzgado desde la memoria y el olvido, desde lo efímero y lo subjetivo, desde el dolor, pero siempre hacia la luz. En esas páginas hay mucho de la mujer que soy y fui, pero no es mi intención que me vean, quiero que se vean a sí mismos cuando lean.

Hay un elemento recurrente en los versos que es la bala. Una bala que puede matar, pero que también puede curar el ánimo humano. ¿Qué simboliza para ti la bala y en qué manera una bala puede curar?

Es una pregunta que siempre surge cuando hablamos de este libro, y nunca termino de responder. La respuesta de ese símbolo está en el libro que le sucede a Criogenia y que terminé en el 2020. Me gusta tejer la poesía como una continuidad, porque la poesía es lo que antecede y lo que quedará de nosotros al desaparecer, algo que trasciende nuestra propia condición humana. Mis libros no son estructuras aisladas, sino partes de mí que cuando tocan el aire dejan de pertenecerme. Por tanto, ese significado se logra leyendo toda la obra de un autor, no solo un libro. Uno de los significados de esa bala podría ser la continuidad, eso que está siempre en mi acto de creación, un acto que supone encadenamiento, maceración, desprendimiento, un gesto en sí mismo doloroso, demencial, purificador.

Otro tema que recurre en los versos es la muerte, una muerte que a veces parece necesaria, y que no es necesariamente sinónimo de punto final. Es posible renacer de las propias cenizas porque los tropiezos y la destrucción no significan necesariamente derrota sino pueden formar parte de un proceso de reconstrucción que sirve para aprender y crecer. ¿Aquí entonces entra en juego la aptitud, y la forma en que cada uno reacciona delante de estos eventos negativos que pueden revelarse hasta positivos?

El tema escatológico está presente en casi todos mis libros. Para mí el acto de morir tiene demasiados significados y rostros extintos. Es un síndrome de misterio, del que nunca tendremos una sola verdad posible sobre la mano. Regreso siempre al momento donde la respiración está por cortarse, el momento de asfixia marca el límite o lo rompe, es algo que también persigo en mis procesos creativos, los momentos de asfixia, lo ambiguo, lo terriblemente sutil y simple. Hay mucho de vida en la muerte.

En tus versos mencionas tu familia que aparece como la columna que sostiene esa mujer que va formándose. ¿Qué papel tuvieron en tu vida?

Quien olvida sus raíces y su origen termina malográndose a sí mismo. La familia es siempre un punto de inicio, incluso cuando se es huérfano sigue siendo ese pilote fundacional. Me gusta hablar de ellos siempre en presente, a pesar de que la vida sea una continua metamorfosis. De las presencias y ausencias me he nutrido y todas ellas marcan las raíces que transporto a mi obra.

En toda mi obra, también en el diseño, hablo mucho de mí, de forma real o ficticia, más bien como marco referencial para generar perspectivas. La familia de mis libros no siempre es la del cromosoma, aunque existen puntos de acercamiento, los visto y desvisto con mi palabra, pero siempre desde el amor. Imagino que no ha sido fácil y puede ser muy agotador lidiar con mis instintos creativos y de movimiento constante, pero el agradecimiento es infinito, porque la familia que te apoya, incluso cuando no te entiende, es un árbol sagrado.

En Miocardio hablas de la simplicidad. Siempre cuento que la herencia que dejó mi breve experiencia de vida en La Habana fue justamente eso: aprender a valorar las cosas pequeñas, porque la simplicidad es algo importante en este mundo que corre muy rápido, y estamos olvidando valorar. ¿Te pregunto entonces qué es para ti la simplicidad y si crees que estamos perdiendo la capacidad de reconocer la importancia que esta tiene?

En la época que escribí Criogenia ya tenía cinco cuadernos de poesía engavetados, en verso libre y décima; dos novelas para niños y tres ensayos. Tenía 22 años y estaba muy decepcionada del mundo literario, quizás porque probé su sabor con demasiada prontitud, y todo exceso tiene consecuencias. Existían estructuras sociales construidas alrededor del fenómeno gremial de los escritores con los cuales no me identificaba ni me identifico. Dejé de enviar a concursos y prácticamente estuve cinco años sin participar en eventos, disfrutando únicamente del acto de crear en silencio. En Cuba los premios literarios son frecuentemente las puertas que te conectan con las editoriales, y un autor escribe por necesidad espiritual y necesidad de comunicar lo que escribe. Nunca pensé publicar este libro, pero poco antes de culminar la investigación de mi tesis de Licenciatura dije “¿Por qué no?”, y entregué ambos libros el mismo día. Un riesgo, pero el instinto hace esas cosas, hasta ahora no me arrepiento. Con Criogenia quise hacer algo diferente dentro de mi obra, mirar hacia otro lugar.

La sencillez habita siempre en el corazón que no se deja destruir, que permanece, en los seres que conservan su sensibilidad porque han descubierto a tiempo que ese es el motor que nos mantiene vivos sobre este planeta. No deseamos vivir en un mundo baldío, por ello es necesario comprender la diversidad de pensamiento, de actitud, de emociones. Un artista debe contaminarse del entorno, pero saber conservar lo puro. Los que trabajan con la palabra, con el pensamiento, necesitan humildad, sencillez, tolerancia, sensibilidad, tiempo de meditación y, sobre todo, entrenar la capacidad de equilibrio y coherencia entre todas estas.

Vivimos en un mundo burbujeante, bulímico, profundamente mimético, que necesita cambios, trascendencias, evoluciones, pero no creo que hayamos perdido la capacidad de percibir lo simple, mientras seamos humanos eso estará dentro, lo que más necesitamos es volver a percibirnos a nosotros mismos, mirar al interior, detener para luego volver a andar. 

En tus poesías se puede apreciar un lenguaje directo, sencillo y muy eficaz. No buscas adornos tampoco prácticas ejercicios de estilo. La sensación es que estos poemas hayan salido directamente del corazón. En un poema defines la poesía “como máscara, bandera, arma…”. En otro poema confiesas que dejar de escribir significaría perderse para siempre. ¿Entonces te pregunto qué significa para ti escribir poesía? ¿Dónde apunta tu poesía?

Criogenia podría tener ese lenguaje directo y sencillo, pero es una ventana diferente a otros libros. Ninguno se parece, están llenos de contrastes, sobre todo los escritos en décima, donde la metáfora es más palpable y explosiva, sin llegar al barroquismo. Si son eficaces o no es algo que el tiempo dirá. En este libro, como en diseño, “menos es más”. Hacer que la palabra, congelada, desnuda, liberase cada uno de sus rostros y cada verso tuviese ocultos más significados que la aparente frase directa, supone otro nivel de complejidad, demanda otra sensibilidad por parte del lector para que el mensaje llegue.

El escritor asume el riesgo, y esa, particularmente, es una de las cosas que amo de la escritura, del arte, de la vida, que nunca sea un terreno seguro, que tengas que ganarte cada instante de respiración y tu energía condicione todo. Empecé a escribir muy joven, y muchas veces me sentí cansada, saturada, pero esos estados de ánimo, ese cinturón de emociones caóticas, son parte de la creación, si no existiesen la escritura sería algo artificial, y los libros no nacen de máquinas, son gestos humanos, hechos a imagen y semejanza de sus creadores, llenos de virtudes y defectos.

Para mí escribir (el acto de parir la idea) es siempre equilibrio, alumbramiento, conexión con mi naturaleza humana y el universo, una fuente energética inagotable. La poesía como vehículo de paz, que nos permite reflejar las interioridades del alma humana, sus bellezas y crudezas. El arma con la que transformo esa palabra, en lo escrito o lo visual, para llegar a los demás. Escribo para el ser humano, apunto a su corazón. Deseo que mis poemas lleguen a su corazón y no solo a su cabeza. Los poemas que llegan a tu corazón son los que te cambian la vida. Para mí la poesía no es un entretenimiento, es algo muy serio, como una misión. La palabra es siempre oxígeno, y deseo que penetre como una bala, una bala que cure y despierte, que permita que la persona se mire a sí misma. No importa si olvida el poema. Lo importante es que mi palabra haya sembrado en esa persona una sensibilidad, esa sensibilidad que nos permite cambiar el mundo.

Hablamos de lenguaje sencillo, pero las palabras tienen un peso, un valor importante. En Genital y en Útero escribes “asumo el peso que tiene la palabra”. Un famoso director de cine italiano (Nanni Moretti) en una película del 1989 (Palombella rossa) decía que “las palabras son importantes”. ¿Qué peso tiene la palabra en nuestro mundo actual, donde incluso gracias a las redes sociales estamos sujetos cada día a una lluvia de información? ¿Crees que somos conscientes de la importancia que reviste la palabra?

La palabra tiene la misma importancia que le damos a la vida, porque nuestra naturaleza humana no puede sobrevivir sin esta. Decir palabra y entender todas las posibles formas de expresión que tiene el lenguaje escrito, verbal, corporal. El lenguaje es la base de nuestro pensamiento, de nuestro crecimiento, por tanto, es como otro órgano del cuerpo. Su peso casi siempre es el mismo, lo que cambia es la dirección, la semiótica, la sensación.

Esa lluvia de información nos aplasta cuando no sabemos equilibrar, porque nuestro cerebro está adaptado a funcionar más como esponja que como filtro. Las redes sociales no constituyen un fenómeno negativo, incluso, tiene múltiples ventajas, y la principal es que supone un reto al cerebro, a la expresión, a la comunicación, el reto de ser cada vez más humanos en esa otra realidad.

La cuestión de si somos conscientes o no de esa importancia que tiene la palabra en nuestra sociedad depende siempre de los ritmos con que manejamos nuestra vida. Uno puede no ser consciente de algo y hacerlo por inercia. La enajenación, la ignorancia, la saturación forma también parte de ese metabolismo mental que necesitamos para evolucionar.

¿Cómo entra Cuba y la vida cubana en tu poesía?

En mi escritura está muy presente, aunque sea de un modo atípico y sutil, no tanto en localizaciones como en sentimientos. Mis novelas para niños tienen mucho de la infancia que viví y la que observo cada día en las calles. Me gusta caminar sola por la ciudad, descubrirla en silencio y observar lo que nadie observa, sacudir el polvo, darle luz. Quizás eso se observe de una forma más marcada en mi libro de poesía La Habana me pide una misa, editado por ediciones Extramuros.

Aunque mi concepto de país y nacionalidad es diferente al habitual, el suelo donde uno nace y crece es parte de la estructura corporal que sostiene. Tengo la bendita circunstancia de descender de emigrantes, así que porto otros cruces en mi espíritu, una mezcla que agradezco. Pero mi país es sagrado, y fluye como ese mar que contemplo cada día y que está por todas partes. Cuba no entra ni sale, Cuba es parte de mí y viajará conmigo eternamente en mis modos de crecer.

Sé que eres una amante de la cultura italiana (y que estudias italiano). ¿Crees que de alguna forma la cultura italiana ha influenciado tu estilo de escritura? ¿Quiénes son tus autores favoritos?

Llegué a la cultura italiana de forma accidental. Soy un ser de instintos y esa es la única lógica que me guía. Es difícil describir mi vínculo en pocas palabras, porque es algo energético y viene desde muchos sitios. Recuerdo que tenía 7 u 8 años y estaba en un ensayo en el teatro García Loca (actual Alicia Alonso), porque en aquellos días bailaba. Llegué muy temprano al lugar y nos tropezamos con un grupo de estudiantes de canto lírico que ensayaban la puesta en escena de una ópera, no podría decirte cual, solo sé que estuve toda la semana repitiendo aquellas estrofas y así cada vez que me encontraba con ese idioma algo dentro de mí palpitaba. Además, en mi casa se veía mucho cine del neorrealismo y mi tío tenía muchos libros de arte en italiano. Años después inicié estudios en la Societá Dante Alighieri.  

Con respecto a los libros, estuvieron llegando desde la infancia los clásicos de siempre y otros con los que me identifiqué demasiado y prefiero reservarme. En la poesía Quasimodo, Ungaretti, Pavese, la Merini, Pasolini …. son nombres que figuran en los libros a los que regreso siempre. No tengo favoritos. Ahora trato de profundizar el dominio del idioma y encontrar textos originales, no más traducciones. En Cuba es difícil encontrar libros en italiano en las librerías, pero siempre hay formas.

Por otra parte, está el diseño industrial y la moda, puntos que construyeron mi visión como diseñadora. Hay muchos autores que marcaron mi forma de ver la creación desde el proceso in situ. También está la figura de la mujer en las artes plásticas, Artemisia Gentileschi y Sofonisba Anguissola… son nombres que aparecen a veces en mis textos y a los que dediqué algunos artículos. En aquellos días de adolescencia el libro de Vasari estaba siempre en mi cabecera.  

El pasado año nació el proyecto Poeti in Parallelo. Poesia é comunitá, donde me desempeño como curadora y directora artística, un abrazo poético entre nuestros países, del que han nacido y nacerán frutos hermosos. He conocido personas especiales de diversas regiones de la península, y si bien es cierto que a casi todos los jóvenes que coquetean con el medio artístico han mirado alguna vez a Italia con ojos de asombro, a mí la Italia que me gustaría conocer no es la que exportan en los libros turísticos, sino esa de la que pocos hablan, los trozos de piedra que murmuran historia entre las grietas, las calles y los balcones olvidados donde queda la infancia, donde los viejos se asoman para tender sus sábanas (como en La Habana), mientras hablan entre ellos con lenguas antiguas. Un país se descubre siempre por sus zonas olvidadas.

Después de todo esto puedes imaginar hasta qué punto me ha influenciado tu cultura. Criogenia, por esos misterios que tiene la vida, llega al público italiano antes. En Cuba será publicada por ediciones Unión, de la UNEAC. No puedo dejar de agradecer los cruces de energía ti, a Daniel, a Matteo, a Ensemble, porque he disfrutado inmensamente el proceso de traducción y el nuevo nacimiento de esta obra, sobre todo en tiempos tan complejos como los que vivimos, donde cada detalle adquiere otra connotación, y volvemos a abrir los ojos a las cosas que realmente importan. Eso es lo que amo de la creación, que cada proyecto sea una semilla. La poesía podría ser simplemente ese gesto energético y humano que viaja de un espíritu a otro y alumbra.

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