Libri in pillole

“La luna è tramontata” di John Steinbeck: recensione libro

C’è una potenza inaudita che si nasconde dietro le pagine de La luna è tramontata di John Steinbeck. È una potenza silente, garbata, quasi sorniona, perché è la potenza che monta e si scatena nel cuore di chi si ritrova a opporsi ai soprusi, di chi è costretto a ribellarsi per ribadire il proprio libero arbitrio, di chi resiste perché cosciente che né l’indipendenza tantomeno la libertà siano valori negoziabili. Non si può cedere davanti al ricatto, non si può soccombere davanti all’ingiustizia, non si può rimanere inermi davanti alla guerra imposta: bisogna reagire, riorganizzarsi, operare affinché la condizione di libertà venga ripristinata.

“Signore, io appartengo a questo popolo, e tuttavia non so che cosa farà. Forse lo sapete voi. Come può darsi che sia diverso da tutto ciò che sapete e sappiamo. Vi sono popoli che accettano capi imposti loro e a cui obbediscono. Ma il mio popolo ha eletto me. Mi hanno fatto e possono disfarmi. Forse è questo che faranno, se penseranno che io mi sia sottomesso a voi”.

In questo romanzo Steinbeck mette al centro della narrazione la guerra, e lo fa raccontando la storia di un piccolo paese della Norvegia, occupato improvvisamente dall’esercito tedesco. Da una parte l’invasore, dunque, dall’altra un popolo che a mala pena riesce a comprendere ciò che sta accadendo. Ma il disorientamento non può durare in eterno, come in eterno non dura la sconfitta, neanche tra chi ha pochi mezzi e poche risorse per opporsi al nemico.

“Gli uomini liberi non possono scatenare una guerra, ma una volta che questa sia cominciata possono continuare a combattere nella sconfitta. Gli uomini-gregge, seguaci di un capo, non possono farlo, ed ecco perché sono sempre gli uomini-gregge a vincere le battaglie, e gli uomini liberi che vincono le guerre”.

La luna è tramontata, così, diventa un inno alla libertà, al centro della quale si erge la figura del sindaco Orden, ma parallelamente si configura anche come una dura critica contro la guerra, contro il colonialismo, contro l’improprio uso della forza, che può sì distruggere e uccidere, che può senza dubbio conquistare e atterrire, ma che non può annullare né cancellare l’orgoglio di un popolo.

“La guerra è tradimento e odio, pasticci di generali incompetenti, tortura, assassinio, disgusto, stanchezza, finché poi è finita e nulla è mutato, se non che c’è una nuova stanchezza, un nuovo odio”.

Nonostante il focus del romanzo sia diverso rispetto a Furore o alla trilogia di Cannery Road, la penna di Steinbeck rimane sempre la stessa: ammaliante, concreta, delicata ma al contempo decisa, perché denunciare non basta, è necessario farlo con la forza di una narrazione che arrivi al cuore, operazione che all’autore statunitense riesce sempre benissimo.

“Alle undici la neve cadeva pesantemente a grossi fiocchi soffici e il cielo era completamente invisibile. La gente andava e veniva tra la neve che cadeva, e la neve si ammonticchiava dinanzi alle porte, sulla statua della piazza e sula minuscola ferrovia dalla miniera al porto. La neve si ammonticchiava e i vagoncini slittavano sulle rotaie sotto la spinta. E sulla città incombeva un’ombra c’era ancora più cupa della nuvola, e sulla città incombeva una tetraggine immensa e un odio gelido e crescente”.

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“La luna è tramontata” di John Steinbeck, edizioni Bompiani. Libri in Pillole.

Alessandro Oricchio

Dottorando in studi politici Sapienza Università di Roma, speaker di Teleradiostereo, giornalista pubblicista iscritto all'Odg del Lazio. Amante dei libri, dei viaggi, del calcio, della lingua spagnola, del mare e della cacio e pepe.

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