AudiolibriFavole libere

Cenerentola: Audiolibro e qualche riflessione

Sseconda puntata della rubrica “Favole libere”: uno spazio per letture e approfondimenti sulle fiabe che hanno attraversato la nostra storia – e la nostra Storia!

Cenerentola, di Charles Perrault (1697) con traduzione di Carlo Collodi (1876). Audiolibro nel video in fondo all’articolo.

C’era una volta una bella cortigiana…

La chiamavano Rodopi, nel sesto secolo avanti Cristo, Yen-Shen circa mille anni fa e persino “Gatta”, dal 1600 in poi. Ma qualunque sia stato il suo nome originale, secondo lo storico Eliano Cenerentola è esistita davvero, così come le pantofole d’oro grazie alle quali la giovane venne elevata alla nobiltà.

La prima culla di questo mito fu il contesto storico, che tra una Rodopi e l’altra (a quanto pare un sostantivo, più che un nome proprio, che significava “guance di rosa”), vide effettivamente uno dei faraoni impalmare una popolana, o comunque elevarla di rango.

L’ultimo tassello nella composizione del mito picaresco dell’elevazione da schiava a figura immortale lo fornisce il favoliere Esopo, che condivise con Rodopi un periodo di schiavitù prima che ella cambiasse proprietario – in merito, va sottolineato che la figura della schiava tracia, detta etèra, era paragonabile a quella di una geisha.

Il sottotesto di ambiguità che circonda il mito originale di Cenerentola, è sempre relativo alla natura primigenia della protagonista, una cortigiana, nelle migliori parole possibili, poi edulcorate e innocentificate via via che il popolo si sofisticava e perdeva pelo sullo stomaco, e cominciava a desiderare favole non più come concentrati storici e morali, ma piuttosto come distillati di sogni e speranze.

Specchio, specchio delle mie fiabe!

Un secolo dopo Perrault (1697) e quasi altrettanto prima di Collodi (1876), la versione dei fratelli Grimm (1812) ripristinò alcuni dettagli di crudezza medioevale, che erano stati eliminati ottenendo due feedback non disprezzabili per l’epoca: scongiurare l’ipotesi di cantastorie di corte che parlavano al Re di Francia di piedi mozzati e occhi punzecchiati dagli uccelli, e rendere più consolatorio il racconto, garantendo una diffusione spontanea sempre più capillare. Nel 1847 l’ennesima traduzione britannica delle fiabe dei Grimm eliminò ogni elemento grand-guignolesco da Cenerentola, e agli uccelli lasciarono solo le parti canterine immortalate nel 1950 da Walt Disney.

Non fu tuttavia un’infusione lineare, quella di ogni versione in quella successiva: tra i mille dettagli, per esempio Perrault propose nella sua versione la zuc-carrozza che tutti conosciamo, nonostante i fratelli Grimm avessero promosso un adattamento in cui la giovane chiedeva e otteneva tutto quel che le occorreva per il ballo senza transizioni; Collodi sottolineò inoltre nell’importazione di Perrault lo spirito di abnegazione della protagonista e la sua vocazione al perdono. Anche il suggestivo rientro della mezzanotte sopravvisse saltando l’Ottocento, forse, ma giungendo da Perrault alle innumerevoli trasposizioni del secolo scorso, giungendo intonsa alla versione animata che la rese immortale (pur non essendo il primo tentativo, titolo che va a Betty Boop nel 1934).

Si può presumere che ogni società volesse vedere sé stessa nelle favole con cui si forgiava la primissima gioventù, probabilmente più desiderando ritrovarsi in quei canoni angelicati, che riflettendosi realmente come tali. Si imprimevano alle fiabe le convenzioni che si reputavano desiderabili per i propri tempi: senza dubbio dei giovani che obbedivano al coprifuoco, che sapevano di dover lottare per ottenere dei privilegi e che non coltivavano la politica della vendetta dovevano apparire filtri molto appetibili nell’Occidente degli anni Cinquanta.

If the shoe fits…

Nella fiaba precedente (che trovate qui) si è già detto a sufficienza delle vicende di Charles Perrault che inserì questa e altre fiabe nella raccolta Racconti e storie del tempo passato con una morale, e di Carlo Collodi, che le tradusse insieme ad altre nei Racconti delle fate. A due secoli di distanza l’uno dall’altro – e dopo che Basile (Pentamerone, 1634) aveva già aperto la strada favolistica italiana – si confrontano con fiabe di tradizione millenaria, l’uno con la diffusione e l’altro con la traduzione. Ma vale la pena approfondire uno o due trivia che piaceranno a chi lavora nell’editoria, con l’ausilio di chi ha percorso queste strade prima di me.

L’ipotesi di una scarpetta in vetro per anni confuse i traduttori, che avevano interpretato la parola “ver” come “verro”, e che quindi si trattasse di una scarpetta di pelle. Importando Perrault in Italia, e re-importando una fiaba già in nostro possesso da oltre due secoli con Giambattista Basile (che però non si era perso in chiacchiere sul materiale della “pianella”, lasciando tutto alla nostra immaginazione con le immortali parole del principe che la raccolse: “Se il fondamento è così bello, che sarà mai la casa?”), Collodi azzecca la linea che originariamente doveva essere già tale, e sceglie la parola “vetro”. In cuor suo probabilmente stava solo allineandosi con l’industrioso secolo a finire – sono gli anni delle Esposizioni – e la leziosità di una scarpa di vetro non stonava affatto, persino per la timorata Italia di fine Ottocento, ma senza saperlo ricollocava il senso di quelle parole dove dovevano essere: nessun dubbio, infatti, che Perrault parlasse originariamente proprio di vetro, dato che a Murano la produzione delle pregiate scarpe-sculture da indossare seppur solo per un attimo era fiorente già da secoli.

Un altro vezzo relativo alla trasposizione di una lingua e di un tempo differenti, riguarda invece le acconciature: dove le sorelle di Cenerentola si pettinano secondo Collodi con “i riccioli su due righe”, stavano invece dividendosi i capelli nei famigerati cornetti che riconosciamo nei dipinti di metà millennio scorso. Perrault nel 1697 parlava di due “cornettes”, infatti, che nell’italiano del 1876 diventano “riccioli” divisi in due cascate, per testimoniare l’adesione delle due dame alla moda del tempo – tempo che diviene anch’esso oggetto di trasposizione, non meno che delle parole.

Queste e altre delizie per gli appassionati di moda, favole, tempo e storia si trovano per esempio nei libri della prolifica Rosanna Masiola Rosini: sono letture che consiglio a traduttori e lettori pro di ogni tipo, meno imponenti dei lavori accademici pur user friendly del professor Eco ma deliziosi come corollario a una cultura cross-mediale che mescoli storia, traduzione e costume.

BUON ASCOLTO!

Cenerentola
Charles Perrault, 1697/Carlo Collodi, 1876. Anonima Lettrice Italiana.
[La versione letteraria selezionata per l’audiolibro è libera da diritti editoriali. Il video è stato realizzato con un’immagine royalty free Pixabay, le copertine delle opere citate e il montaggio consecutivo di due tracce audio dalla Free Library di Youtube.]

Ali

Leggo, scrivo, parlo, ma soprattutto parlo. E poi leggo e scrivo.
Pulsante per tornare all'inizio