Sussurri tra le pagine

“Le ceneri di Angela” di Frank McCourt: recensione libro

Limerick, Irlanda. Una città di ossa fradice e abiti umidi, con la sua fervente devozione, i tisici, le pulci, i bambini che non avranno mai un capello bianco e i pochi rifugi dalla pioggia eternamente scrosciante. È qui che ha inizio la storia di Frank McCourt, che con “Le ceneri di Angela” racconta della sua infanzia, della fame, delle cene a base di pane e tè, dei poppatoi pieni di acqua e zucchero perché latte non ce n’era e “o si mangia ‘sta minestra o si salta dalla finestra”

(2021,Eva Bronzini, Pexels License)

Una storia di vita vera, che attraverso gli occhi dell’autore bambino si avvinghia al cuore e lentamente lo costringe. Il padre nord-irlandese fuggiasco, scapestrato e alcolizzato. La madre “nata con la testa nell’anno passato e il culo in quello nuovo”. Una nonna arcigna e i fratelli più piccoli che piangono per la fame. Frank ricorda quel padre amato e scriteriato, che ubriaco, fa piangere la mamma e cantare i suoi bambini “un soldino a chi mi promette che morirà per l’Irlanda”. Ricorda le urla strazianti della madre con la pupetta stretta tra le braccia. I suoi bellissimi occhi azzurri ormai spenti, svuotati, vitrei e privi di vita. Ricorda i preti afflitti, che assolvono i peccati di fame senza penitenze, intanto che la morte perde il suo sapore amaro e diviene consuetudine. Neanche il dolore ha più diritto di parola, poiché bisogna sempre tenere a mente le immense sofferenze di Nostro Signore sulla croce. 

Frank McCourt ricorda le notti gelate, passate a cercare pezzetti di carbone, coperti solo da vecchi stracci, relitti di un’antica decenza. Ricorda la birra, quei fiumi di liquido scuro e schiumoso che un bambino con i crampi allo stomaco non riesce a capire. Una pozione magica che consente anche agli uomini di piangere quando il cuore sanguina per il dolore, mentre questo, si abbevera dagli occhi di un bimbo, solo e disperato. Una creatura innocente alla ricerca del suo miglior amico di sempre, che non rivedrà mai più “…lui non capisce perché ha appena due anni e non sa le parole, che è la cosa più brutta del mondo”. E poi c’è il Signore, che a volte pretende veramente troppo e le lacrime sembrano non essere mai abbastanza. 

Frank McCourt

Un racconto che manda l’anima in frantumi, lo si attraversa in apnea ed ogni parola è come uno spillo conficcato al centro del cuore, eppure procede con una leggerezza ed un’ironia, di cui solo un bambino può essere capace. La ricerca dei fiori colorati, di un’altalena per arrivare più in alto, di un amico che ti sorrida, e tanto basta per andare avanti e dimenticare la fame, la tristezza, il freddo, la morte. Neanche le suole delle scarpe sistemate con vecchie ruote di bicicletta fanno ridere più i compagni di classe, perché nonostante i pezzi di gomma spessi che fanno inciampare, a scuola c’è anche chi ci va scalzo. La puzza del gabinetto dell’intero vicolo, non è più così ripugnate, quando c’è chi deve scendere quattro rampe di scale sporche di merda perché i bambini alla tazza non ci arrivano in tempo. 

Leggendo questo libro ci si troverà a pensare che il piccolo McCourt abbia proprio ragione, e che non ha senso vedere la gente nel mondo morire di fame, quando ci sono tanti alberi di mele e tante mucche da latte nei campi. Ci si chiederà quanto possa essere ironico un medico che consiglia ad un tisico un viaggio oltreoceano, quando il malato in questione non ha neanche i soldi per scaldarsi con un pezzetto di carbone. Ci si ritroverà a piangere per le morti già annunciate e per quelle subitanee, a ridere del mondo e delle sue ipocrisie, a disprezzare uomini dissennati, ad ammirare chi lotta per non cadere ancora più in basso e chi non ha vergogna del proprio desiderio di vita. Ci si domanderà come si possa sopravvivere ad un passato sciupato, ad un’infanzia logorata, ad un inizio di vita mancato, potendo annunciare infine “Io sono un uomo fortunato”

(2017, 3938030, Pixabay License)

In secondo piano, vi è poi, una madre sfinita, distrutta eppure ancora decisa a salvare i suoi bambini dalla fame, dal freddo, dalla povertà, dalla tisi, dal dolore imposto da un marito che si beve la paga. Una donna coraggiosa, disposta a combattere perché ai suoi bambini non vengano chiuse le porte in faccia, perché riescano ad indossare qualcosa di decente per andare a scuola, perché riescano a studiare, a migliorarsi, a fuggire da quella vita derelitta anche a costo di mendicare per loro un tozzo di pane. Vecchia già a 40 anni e sfiancata prima dei 30, di Angela, alla fine, non resteranno altro che ceneri.

Il maestro dice che è una cosa meravigliosa morire per la fede e papà dice che è una cosa meravigliosa morire per l’Irlanda e allora io mi domando se al mondo c’è qualcuno che ci vorrebbe vivi.

“Le ceneri di Angela” di Frank McCourt, edizione Adelphi.

Sussurri tra le pagine per The BookAvisor.

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Angela Finelli

Classe 1987. Nata a Napoli, tra i vicoli e l'odore del ragù lasciato a "pappuliare" a fuoco lento già dall'alba. Amante dei libri da sempre, della buona cucina e delle mete insolite. Dipendente dal caffè, dalle risate spontanee e da quella punta di follia che rende la vita imprevedibile. Fiera sostenitrice del potere delle parole e dei sussurri nascosti tra le righe, quelli che lasciano un'impronta nella memoria e i brividi sulla pelle.

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